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UN CICLO IGNOTO DI ANTONIO BALESTRA

Grgo Gamulin


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Per ora anche questa pubblicaziona provvisoria va considerata come un atto cui la necessità ci obbliga: necessità di segnalare al pubblico di studiosi l’esistenza di tali dipinti; ed io lo feci finora soltanto di sfuggita e in forma dubitativa e informativa in occasione del Congresso su Nicola grassi, a Udine nel 1982.
Ritengo sempre ancora che completo restauro potrebbe aiutarci sensibilimente a stabilire la vera situazione e il valore di queste interessanti composizioni. Comunque, ai colleghi Egidio Marini e prof. R. Pallucchini sono grato del loro aiuto portatomi nello studio di questi dipinti.
Il 4 aprile 1972, errando e ricercando per Lussino, m’imbattei a Lussingrande, nel coro e nella sacrestia della chiesa di S. Maria dell’Angelo, su questi otto ovali. Nell’Inventario c’era un’attribuzione generale e vaga al Settecento veneziano. In base alla splendida cromaticità, p. es. nell’effiglie di Giuditta, pensai anche a G. A. Pellegrini, ma l’insufficienza dell’analisi di quest’ultimo, e altrettanto di Balestra, causò il rinvio del mio interesse per il ciclo nominato.
Gli ovali di cui parliamo recano cornici tardobarocche, le dimensioni ne sono 106 x 86 cm. Cinque ovali reppresentano scene del Testamento Vecchio, e tre del Nuovo, inserite abilmente da un pittore di routine, cui sono noti tutti i »canoni« di composizione barocca con le curve e diagonali che formano composizioni triangolari o trapezoidali irregolari. Non ostante i colori e le tonalità spesso elevate ad alti registri, vi s’impongono le forme modellate con decisione di figure spesso gigantesche, mentre d’altro canto la pennellata liberata reca soltanto qua e là l’arte improvvisatrice del Settecento, – il che senz’altro ne esclude il Pellegrini. L’illuminazione vi è sicura ma non diffusa; forse per questo nemmeno la datazione non dovremmo spostarla troppo in avanti, quantunque alcuni momenti iconografici potessero indurci a farlo.
Con tutta probabilità questo nostro ciclo è nato il soggiorno relativamente lungo a Venezia, fino a tutto il 1719. Nemmeno in quel periodo il Balestra non è penetrato più profondamente nella corrente del rococò, alla quale più tardi a Verona egli si contrappose direttamente.
Ma le parabole di sviluppo del pittore nei periodi transitori borrascosi non sono, evidentemente, condizionate soltanto dai contati ed influssi, bensi anche da caratteristiche innate. Inoltre, non è forse quel certo accademismo legato alla convenzionale »leziosaggine« una cosa da lui assunta nel primissimo tempo, dal Bellucci? Era quella, del resto una caratteristica inerente al rococò: basta pensare ad Amigoni o a Nicola Grassi ed anche allo stesso Celesti. In questo senso è che la critica indicava alle sue forme solide. Tuttavia, esse forme sono affatto differenti della plasticità del Piazzetta e anche delle costruzioni »astratte« di G. B. Pittoni. Senza parlare poi dell’ »espressionismo« di Federico Benković.

Ključne riječi

Hrčak ID:

140904

URI

https://hrcak.srce.hr/140904

Datum izdavanja:

28.6.1985.

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