Skoči na glavni sadržaj

Izvorni znanstveni članak

NICCOLÒ DI GIOVANNI FIORENTINO E L’ARCA DI SAN NICOLA A TOLENTINO

Samo Štefanac ; Filozofski fakultet Ljubljana, SLOVENIJA


Puni tekst: hrvatski pdf 8.223 Kb

str. 51-67

preuzimanja: 295

citiraj

Puni tekst: talijanski pdf 8.223 Kb

str. 51-67

preuzimanja: 460

citiraj


Sažetak

Nella critica storico – artistica, l’arca di S. Nicola nel Capellone accanto alba basilica del Santo a Tolentino, datata nel 1474, finora non è stata sufficientemente studiata. Lionello Venturi, il primo studioso che le dedicò uno studio, è riuscito a chiarire le vicende storiche circa la sua costruzione e la donazione del avvocato e senatore romano Pietro Mellini (che non è identico all’omonimo fiorentino) e spiegato l’iconografia della rappresentazione del Santo: si tratta della visione delle anime nel prugatorio, il primo miracolo compiuto dal giovane San Nicola, appena diventato sacerdote. Per quanto riguarda l’attribuzione, Venturi ha sviluppato l’ipotesi cha l’arca e la statua soprastante siano opere dei due artisti diversi, assegnando l’arca ad anonimo seguace di Agostino di Duccio e avvicinando la statua alla cerchia di Antonio Rizzo. Quest’ipotesi è stata nella maggior parte accettata da Luigi Serra, mentre Carlo Bima e Pietro Zampetti proposero Giorgio da Sebenico (Juraj Dalmatinac) come l’autore della statua, accettando per l’attribuzione del Venturi per l’arca. L’attribuzione a Giorgio da Sebenico è stata in seguito accettata da tutti i studiosi senza di essere mai messa in discussione. L’unica eccezione è una ralazione (non publica) di Ulrich Middeldorf che, respingendo tutte le attribuzioni precedenti, avvicinò la statua stilisticamente alle opere donatelliane, ammettendo che si tratti di un modello di Donatello stesso, eseguito molti anni dopo la sua morte da chiumque.
A parte il fatto che Giorgio da Sebenico morì nel 1473, duque un’anno prima dell’esecuzione dell’arca, l’analisi dettagliata del monumento dimostra che l’attribuzione a Giorgio da Sebenico non ha fondamenta: la statua infatti non è paragonabile a nessuna delle opere che il grande maestro ha lasciato ad Ancona o in Dalmazia. Il carattere stilistico della statua è invece vicino alle opere dell’altro scultore attivo in Dalmazia nella seconda metà del Quattrocento, Niccolò di Giovanni Fiorentino. Il carattere generale della statua si può avvicinare alle simili rappresentazioni del santi in abito da sacerdote della bottega di Niccolò di Giovanni (S. Bernardino e S. Stefano nel convento dei francescani a Sebenico /Šibenik/, S. Stefano a Sumpetar Poljički, oppure S. Lorenzo nella loggia comunale di Traù /Trogir/), mentre la sua impostazione fa pensare alle statue autografe del maestro nella cappella del beato Giovanni Orsini a Traù. Anche i particolari del drappeggio e l’eccellente fattura delle mani hanno punti in comune con queste opere, mentre la forma e il modellato del viso si possono paragonare con quello della statua di S. Sebastiano nel lapidario di Traù, una della migliori opere di Niccolò di Giovanni. Aggiungedo a queste somiglianze altre qualità dell’opera,s oprattutto il movimento, ottenuto trimite il contraposto accentuato, il giro e l’inclinazione della testa del Santo, il modellato espressivo delle mani, possiamo ritenere che la statua tolentinate sia opera autografa del maestro.
Il recente restauro della statua ha scoperto l’originale policromia in ottimo stato di conservazione. Non si tratta dell’unica scultura policroma di Niccolò di Giovanni (le tracce di policromia sono ancor oggi visibili sul rilievo della Madonna nella lunetta del portale della chiesa francescana a Lesina /Hvar/); tuttavia non può passare inosservato il fatto che la policromia della statua corrisponde perfettamente al colorito degli afferschi trecenteschi nel Cappellone. Può essere puro caso, ma non è da escludere che questo effetto fosse creato da Niccolò di Giovanni Fiorentino apositamente?
Anche l’arca del Santo, generalmente creduta di essere opera della cerchia di Agostino di Duccio, ha tutti i caratteri stilistici delle opere architettoniche di Niccolò di Giovanni. I fori tondi cirondati da ghiralande di foglie e di frutta si possono paragonare alle finestre della Cappella di Giovanni Orsini a Traù, mentre l’ornamento vegetale sui pilastri angolari è quasi identico a quello sui pilastri delle nicchie del portale della chiesa degli agostiniani alle Tremiti, opera di Niccolò di Giovanni Fiorentino e Andrea Alessi (Andrija Aleši) del 1473. I capitelli assomigliano molto a quelli della cupola e della facciata del Duomo di Sebenico. Una caratteristica delle opere di Niccolò di Giovanni e anche l’uso di varie forme degli scudi (a tacca e testa di cavallo).
Con la data 1474 scolpita sull’arca, il monumento si può cronologicamente collegare col’attività di Niccolò di Giovanni alle Tremiti, dove un’anno prima esegui insieme ad Andrea Alessi la faciata e il portale della chiesa di S. Maria al Mare. Siccome tutti i due lavori sono stati eseguiti per gli agostiniani, si puo assumere che siano stati i monaci a chiamare Niccolo di Giovanni Fiorentino a Tolentino immediatemente dopo di aver terminato il lavoro alle Tremiti. La scelta dell’artista in questo caso dunque non è stata affidata all’avvocato romano a cui spesi l’arca è stata eseguita. L’anno 1474 come la data dell’esecuzione torna bene anche con la cronologia delle opere del maestro: di quest’anno non è noto nessun documento che attestasse l’attività di Niccolò di Giovanni in Dalmazia o altrove.
L’arca di San Nicola a Tolentino non costituisce solo un anello imprtante nell’opera di Niccolò di Giovanni Fiorentino, bensì chiarisce in gran parte anche il ruolo dei scultori operanti in Dalmazia nella scultura marchigiana. Marche nel Quattrocento non avevano una propria produzione scultorea rilevante; negli anni cinquanta e sessanta, Giorgio da Sebenico fu attivo ad Ancona e nei primi del Cinquecento Giovanni Dalmata. L’intervento di Niccolò di Giovanni, che nonstante la sua origine fiorentina venne a lavorare a Tolentino dalla Dalmazia, è solo un’altra prova di questa pratica dei commitenti marchigiani che, in mancanza dei maestri locali, affidavano la maggior parte dei lavori imporanti agli scultori operanti sull’altra sponda dell’Adriatico. Da questo punto di vista, neanche il carattere artistico della Dalmazia non risulta più tanto provinciale, quanto viene spesso considerato nella letteratura.

Ključne riječi

Hrčak ID:

143357

URI

https://hrcak.srce.hr/143357

Datum izdavanja:

22.12.1989.

Podaci na drugim jezicima: hrvatski

Posjeta: 1.437 *