Filologija, No. 2, 1959.
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Venezia nella letteratura croata e serba
Mirko Deanović
Sažetak
Contributo alla storia di un motivo
E noto che i rapporti letterari più intensi e perciò i più complessi sono quelli intercorrenti fra le lettere delle nazioni geograficamente vicine. Vi sono quasi sempre momenti extra-letterari che vengono a riflettersi nelle creazioni poetiche di popoli vicini. I quali non possono essere indifferenti fra di loro, ma amici o nemici.
Tutti sanno che i Veneti e i Croati vennero in contatto già dal settimo secolo e che essi furono poi per secoli in continue e varie relazioni. Questi loro rapporti appunto ispirarono parecchi scrittori di queste parti, Venezia è stata in due maniere fonte d'ispirazione per i nostri: in primo luogo come Stato e in secondo luogo come Citta.
Già il nome stesso di Venezia presso i Croati non rimonta né a quello latino, né al veneziano, ma proviene invece dal nome etnico latino Venetici adattato alla pronunzia slava: Vneci, Mneci, Mleci.
Gli scrittori antichi, essendo Dalmati di nascita e dal secolo XV cittadini della Repubblica di S. Marco, non vollero trattare questo soggetto per loro troppo delicato. V'era però anche un'oasi indipendente, la piccola Repubblica di Ragusa (Dubrovnik) fino al 1806. Appunto percio solamente i poeti ragusei potevano esprimere liberamente i propri sentimenti. Fra i quali i più interessanti sono Mavro Vetranović (Vetrani, 1482-1576) e Ivan Gundulić (Gondola, 1589-1638).
Però anche nei versi di alcuni scrittori delle altre città dalmate ci sono delle allusioni a Venezia. Per esempio il patrizio di Spalato Jerolim Kavanjin (Cavagnini, 1641-1714) trova pur il modo di lagnarsi dei suo regime. Il più coraggioso in tal senso fu il francescano Filip Grabovac (1697-1749)), cappellano nell'esercito veneto, il quale scontò il coraggio della penna con la morte.
Queste manifestazioni erano indizi di nuove vedute: gli ideali ereditati dal Rinascimento cedono ora il posto agli ideali di una più vasta e indipendente comunita nazionale slava.
Il più popolare poeta croato Andrija Kačić Miošić (1704-69), anche lui francescano di Dalmazia, fu più cauto del suo infelice confratello citato. Egli va adulando la Serenissima per poter cantare le eroiche gesta dei connazionali che combatterono per lei in Levante e altrove. Sono appunto codesti Slavi, dice il poeta, che “diffendono il mare da Levante ben fino alle lagune”.
Riguardano Venezia anche parecchi canti popolari. Si tratta sovente di poesie antiche, di leggende, di motivi ed episodi internazionali localizzati in queste parti e nelle lagune. Basterà citare soltanto qualche esempio di questa poesia altamente umana e realistica in cui si rispecchia il genio della nazione.
Numerose vi sono le canzoni di origine storica e leggendaria che concernono il nostro tema. S'incontra per esempio in diverse varianti il motivo dell'epopea medievale di un principe che prende la sposa in un paese nemico. Cosi qui principi slavi sposano figlie del doge. Varia é la sorte dei loro matrimoni. In una poesia un principe montengrino, trovatosi in prigione a Venezia, scrive al doge col proprio sangue offrendogli come riscatto due città e un bellissimo cavallo roano. Accettata la proposta, il doge beve sette giorni assieme col Montenegrino e gli dà anzi in isposa la propria figlia, trattenendo per sé soltanto il cavallo. Anche in altre poesie si rileva la reciproca generosità. Secondo un'altra versione, il massimo eroe nazionale, il leggendario Marko Kraljević (sec. XV), sposa pure lui una figlia dei doge, e la giovane Veneziana vive contenta alla corte di Marko dandogli alla luce un bel figliolo. Cosi il cantore popolare imparentò i più illustri rappresentanti delle due nazioni.
Soggetlo di vari canti narrativi sono episodi delle secolari lotte fra Venezia ed i Uscocchi e Narentani, in cui vengono esaltati gli eroismi di questi lupi di mare che la Musa considera difensori e vindici del popolo oppresso dai Veneziani.
Incontriamo lo stesso fenomeno anche nei racconti popolari in cui il Veneto e lo Slavo garreggiano in destrezza e in astuzia e lo Slavo é sempre animato dallo spirito difesa del proprio prestigio.
Soltanto nell'Ottocento, dal romanticismo in poi, é la città delle lagune come tale che ispira parecchi scrittori di vare regioni, dall'Adriatico al Danubio e ai Carpazi, non solo dunque i mediterranei, ma anche i pannonici e i balcanici. Questi riflessi sono però più numerosi che interessanti. La città stessa suscita in loro spesso sentimenti contrastanti, di ammirazione e di amarezza, causata dal ricordo della poco felice sorte dei loro antenati. Inoltre è strano, ma pur vero, che la vista di una grandiosa bellezza, come Venezia, fa sorgere nell'animo un sentimento di malinconia, quasi di tristezza.
Purtroppo queste impressioni non sono sempre personali né poetiche e si perdono sovente nel mare di banali luoghi comuni. Basterebbe citare le sole comparazioni e gli attributi da loro usati riguardo a Venezia.
Il prima grande scrittore serbo, Dositej Obradović (1742-1811), tipico abbé settecentesco, ma ortodosso, che soggiornó più volte a Venezia, vi tradusse l'Etica di Fr. Soave e un racconto di Gaspare Gozzi e fece quivi imprimere varie opere sue in caratteri cirillici. Ma, essendo tutto compenetrato dal razionalismo, il suo contatto intimo con questa città non fu un avvenimento poetico.
Due romantici, lo zagabrese Dimitar Demeter (1811-72) e il raguseo Medo Pucić ,(Pozza, 1821-82), studiano a Padova e vi si entusiasmano assieme ai poeti-patrioti Aleardi, Prati e Fusinato. II fascino delle lagune lascio tracce nei loro versi. Poi tre scrittori della Croazia settentrionale, A. Nemčić, I. Kukuljević e A. Tkalčević, nelle descrizioni dei viaggi in Italia parlano con ammirazione di questa città, ma in modo poco interessante.
Nel capolavoro della letteratura serba, il 'Serto della Montagna' Petar Petrović Njegoš (1813-51), principe di Montenegro, per bocca di un capitano dei po polo riproduce il modo di concepire Venezia dei suoi compatrioti. In tono ironico accenna al gran contrasto fra i due ambienti. Deridende il veduto, egli stesso nella sua semplicità e umanità patriarcale diventa comico nella città tanto strana per lui. Lo commuove però la vista degli infelici galeotti croati e dei miseri carcerati.
Tre altri romantici, serbi, vennero pure a contatto con Venezia. Il narratore e uomo politico Stjepan Ljubiša (1824-78), Dalmata, fu avversario del partito italiano in Dalmazia e il momento politico si fa sentire nei suoi racconti. Diverso è invece l'atteggiamento del poeta scapigliato Lazar Kostić (1841-1910) delle regioni settentrionali. In un lunghissimo dramma egli riprende il motivo leggendario di un canto popolare, il soggetto del quale ricorda l'episodio dantesco di Francesea da Rimini. In questo dramma i personaggi veneziani sono rappresentati umanamente e romanticamente.
La leggendda che aveva ispirato Kostić suggeri, cinque anni più tardi, al terzo di questi poeti romantici, Đura Jakšić (1832-78), pure del Nord, un altro dramma, l'Elisabetta principessa del Montenegro. La protagonista, la bella figlia del doge, soffre nel nuovo ambiente anche perche deve persuadere i Montenegrini ad aiutare Venezia con l'invio di mille soldati in difesa dal Turco. E un dramma di passioni, dell'amore in lotta coll'eroismo e col patriottismo, in cui la seria e retta patrizia veneziana rimane vittima dell'amor patrio. E proprio questa poco bella e prolissa poesia ha avuto tanta fortuna: essa aveva già attirato l'attenzione dei Goethe, poi del linguista Bernardino Biondelli che la tradusse in italiano (Politecnico, Milano, 1841) e all'inizio del nostro secolo ispirò ancora il dramma 'San Marcos Tochter' (1903) del poeta tedesco Arthur Fitger.
Anche presso i letterati croati del secolo scorso prevale l'interessamento per le vicende storiche intercorse fra le due sponde dell'Adriatico. Questi eventi appuntto ispirarono tre opere al più grande narratore croato d'allora, lo zagabrese August Šenoa (1838-81). Egli vi rappresenta episodi romanzati delle lotte degli Uscocchi con i Veneziani e la difesa dei diritti umani e nazionali dei primi. Il Suo poemetto 'La caduta di Venezia' (1876) è un'originale visione degli ultimi momenti della Repubblica nei quali i soldati croati si associano all'insorto popolo veneziano contro il regime aristocratico.
In un trittico drammatico, 'La signora dal girasole', col sottotitolo “Sogno di una notte veneziana”, dedicato “A Venezia Venere eterna”, il celebre autore drammatico croato Ivo Vojnović di Ragusa (1857-1928) rappresenta uno squarcio della vita sulle lagune all'inizio del Novecento (v. la traduzione italiana, Roma 1925). Il poeta scrivendo questo dramma a Venezia, vi ritrova l'equilibrio tra la vita e la morte, vi vede “germogliare il fiore della vita vissuta, il fiore della bellezza e della morte”. La poesia di quest'opera è nelle fantasmagoriche bellezze della città. P erò in questo sogno il Vojnović vede una Venezia fin de siecle, un luogo di avventure, cosmopolita e centro turistico, il cui grandioso passato, la gloria e le più sacre delizie sono state commercializzate dai degeneri posteri dei geniali patrizi di una volta.
Nelle descrizioni di viaggi del Novecento possono trovarsi cenni non banali né superficiali. Per esempio A.G. Matoš (1873-1914) fu profondamente colpito da Venezia ch'egli chiama “città della morte” e che gl'infonde tanta malinconia (Da Firenze a Zagabria, 1913). Sono interessanti le impressioni anche di un altro scrittore croato, Milan Begović, Dalmata (1876--1948), (Viaggio in Italia, 1942).
Nella sua lunga operosita letteraria il poeta e patriota croato Vladimir Nazor (1876-1949), pure Dalmata, s'ispira spesso alle vicende “fra il leone veneto e il lupo croato”. Da questi sentimenti e compenetrato anche il romanz storico 'I lupi' di Milutin Nehajev (1880-1931).
Il più grande scrittore croato d'oggi, il poliedrico Miroslav Krleža, in alcuni saggi accenna, e con rammarico, ai rapporti tesi fra Venezia e i croati nei secoli.
Ci sono però anche molti momenti positivi. Per esempio per gli scrittori della costa adriatica Venezia e stata per secoli un centro benefico e il più vicino di cultura europea e nella loro formazione intellettuale se ne risente l'effetto. Ne basti un esempio solo. Proprio gli stampatori veneziani dal 1483 in poi compongono i primi libri slavi, e anche nei secoli seguenti, a quasi tutto il Settecento, la maggior parte delle nostre pubblicazioni usci dai torchi di Venezia e in ben tre caratteri diversi, latini, cirillici e glagolitici. Da questa città inoltre provengono le nostre prime stamperie verso la fine del Quattrocento.
Infine à assai suggestivo il fascino di Venezia anche per alcuni scrittori d'oggi. Scorgono anch'essi il paradosso e la magia delle lagune: una delle comunità più razionali e materialiste della storia -commercianti, politici, diplomatici -vi costrui attraverso i secoli la città più fantastica, più decorativa, più irrazionale del mondo.
Ključne riječi
Hrčak ID:
165283
URI
Datum izdavanja:
11.3.1959.
Posjeta: 1.906 *