Skip to the main content

Original scientific paper

CAMBIAMENTI ICONOGRAFICI NELLA CHIESA DI MADONNA DELLA SALUTE A SPLIT (SPALATO)

Milan Ivanišević ; Galerija umjetnina, Split


Full text: croatian pdf 12.086 Kb

page 269-291

downloads: 594

cite

Full text: italian pdf 12.086 Kb

page 269-291

downloads: 917

cite


Abstract

La chiesa conventuale (e parrocchiale dal 1946) della Madonna della Salute fu costruita nel quartiera occidentale di Spalato, Dobri (in italiano Pozzobon), quando tra gli abitanti poco numerosi, per lo più provenienti ugualmente dalla zona continentale della Dalmazia, si stabilirono i Francescani dell’ordine dei minori che allora appartenevano alla vasta provincia bosniaca. In città non c’era un altro luogo disponibile per la costruzione di un convento e di una chiesa, neppure in luoghi precedentemente abbandonati, e per questo i frati rimasero in mezzo alla popolazione che già conoscevano. La prima chiesa fu costruita negli anni 1731 – 1732. Era un edificio a una sola navata di modeste proporzioni, senza alcun valore stilistico, ma vi si venerava la miracolosa Madonna della Salute (Presentazione di Maria al Tempio), dipinto donato a questa nuova chiesa e all’ospizio (che precedette il convento) dal frate Filip Grabovac (fu nell’esercito veneziano e imprigionato per scritti antipatriottici morì in carcere). Questa chiesa aveva solo tre altari (della Madonna della Salute, di S. Antonio da Padova, di S. Pasquale Baylon). Il culto del dipinto della Madonna diede impulso alla construzione di una nuova chiesa nelle forme barocche estremamente semplici, qui consuete (1795–1771), sebbene vi fossero i disegni per una chiesa barocca molto ricca, che non si poterono realizzare per la overtà della popolazione. Questa chiesa aveva cinque altari (oltre a quelli enumerati, il maggiore dedicato alla Ressurezione di Cristo e uno laterale di S. Francesco d’Assisi), l’autore riporta anche gli altri dipinti e statue secondo i dati d’archivio. La chiesa fu demolita nel 1936 con l’intenzione di costruirne una ancora più grande in funzione dei numerosi pellegrinaggi. L’amministrazione della chiesa non aveva possibilità finanziarie nè influenza sulle autorità di allora, e non potè (per la seconda volta nella sua storia, come era già accaduto nel XVIII secolo) realizzare le diverse proposte per una chesa più sontousa e stilisticamente più valida. Nel 1937 fu innalzato un edificio molto semplice, con pianta a tre navate, senza absidi, ricoperto a soffitto. Aveva nove altari (oltre a quelli enumerati, tra cui l’altare maggiore cambiò titolare, nella nuova chesa c’erano un Crocifisso in onore di Cristo Re e i seguenti altari: degli apostoli slavi Cirillo e Metodio, del martire croato (del XIV secolo), allora beato, oggi santo, Nikola Tavelić, di S. Giuseppe e di S. Teresa del Bambin Gesù. L’utore ha riportato tutto il contenuto iconografico, desiderando sottolineare come e quanto si fosse trasformato e fosse aumentato fino a reggiungere il numero più alto con le proposte degli affreschi per il muro settentrionale della chiesa. Tutte queste proposte (1940–1948), tra cui vi sono anche gli acquarelli di due pittori italiani: Antonio Jerone (1940) e un altro del cui nome è rimasto solo: Am…rdi (1941), non furono realizzate. Nel 1957 riprese nuovamente vita l’idea di affrescare quel muro e fu scelto il giovane pittore Ivo Dulčić (Dubrovnik, 1916 – Zagreb 1975). Egli era conosciuto per i dipinti molto moderni che aveva presentato in varie esposizioni, ma questa era la prima commissione per una chiesa (aveva già iniziato a dipingere alcune iconografie cristiane, come S. Nikola Tavelić, S. Michele, la Via Crucis). Preparandosi all’esecuzione degli affreschi il pittore realizzò un certo numero di tempere iconograficamente simili, che l’autore qui descrive tutte insieme per la prima volta. Si tratta di Cristo Re, dei simboli dei quattro evangelisti, di S. Cirillo, Metodio e Nikola Tavelić, e del beato Marko Križevčanin (martire croato del XVII secolo), e in cielo le costellazioni e i simboli degli evangelisti, in terra il popolo nei vari costumi populari e alcuni francescani sul luogo dove sul dipinto della nostra terra e delle isole vi è la città di Spalato, i quali tutti insieme circondano i santi in piedi sulla terra e sul mare. Sebbene durante l’esecuzione degli affreschi vi fossero state diverse integrazioni all’iconografia, che l’autore riporta secondo i dati d’archivio, il committente non cambiò la sua concezione in base alla quale dovevano essere rappresentati solo i quattro santi da lui proposti. Il dipinto con i suoi moderni caratteri stilistici e per la prima volta presenti nell’arte dalmata, ancor prima di essere realizzato a fresco (altezza 8,75 m, larghezza 19,34 m) sul muro settentrionale della chiesa (dal quale furono tolti due altari laterali: S. Cirillo e Metodio, e Nikola Tavelić), dietro l’altae maggiore, suscitò reazioni molto diverse di lode e di riprova. Sebbene il vescovo avesse dato il suo benestare all’esecuzione, tuttavia fu aperta una procedura contro la realizzazione di tale opera, dapprima da parte di alcuni frati presso l’Amministrazione della loro provincia, successivamente da un solo frate presso l’Amministrazione del suo Ordine e presso la Congregazione del Santo Officio, ma nessuna protesta fu accettata e l’affresco fu eseguito (dal 18 aprile al 24 luglio 1959, inaugurazione ufficiale 4 ottobre 1959). L’autore sottolinea che nei rapporti Stato-Chiesa di quel tempo, pubblicamente, al di fuori degli spazi della chiesa, l’esistenza di quest’opera molto importante nell’ambito della pittura croata contemporanea non fu ricordata. Il primo modesto liberatto su tale affresco fu stampato da fra Josip Ante Soldo per le edizioni del convento nel 1960, mentre la prima notizia giornalistica sull’affreso fu pubblicata a Vienna (Die Fürche, 25 dicembre 1960). Ivo Dulčić organizzò la prima mostra dei suoi dipinti con iconografia cristiana a Firenze, alla Galleria Lo Sprone (18-30 settembre 1963). L’autore in appendice riporta l’autografo di Ivo Dulčić sul dipinto di Cristo Re a Spalato, che risale a immediatamente dopo la conclusione del dipinto.
Con il repertorio del contenuto iconografico di tutte e tre le chiese costruite sullo stesso luogo, l’autore illustra i mutamenti delle tradizioni nel culto dei santi, soprattutto agli inizi del culto di santi slavi e croati. Tutta questa iconografia influì sul contenuto del affresco, ma ebbe anche una grand einfluenza sulla formazione dell’iconografia successiva della chiesa. È possibile aspettarsi che in armonia con gli attuali ordinamenti ecclesiastici sulla liturgia molti altri laterali verranno rimossi dalla chiesa (verosimilmente tutti eccetto lältare della Madonna della Salute), allora il valore del affresco determinerà la sistemazione successiva di questo spazio ecclesiastico. L’autore ritiene che questo dipinto di Ivo Dulčić a Spalato (in seguito in altre chiese dipinse ancora tre opere: il mosaico e la vetrata nella cappella dell’arcivescovano, nel 1961 e 1969, e la vetrata alla Sacra Famiglia, nel 1974, l’ultima opera), il più antico in ordine di tempo, è artisticamente quello di maggior valore e per l’influenza artistica sui committenti e sugli artisti anche la più importante nell’ambito dell’arte croata contemporanea, e che già al tempo in cui fu relizzato era una prova eccezionale di forza artistica con la quale Ivo Dulčić superò i limiti che dividevano l’arretratezza delle nostre arti figurative dai contemporanei risultati mondiali nelle opere destinate a spazi sacri.

Keywords

Hrčak ID:

141072

URI

https://hrcak.srce.hr/141072

Publication date:

1.2.1991.

Article data in other languages: croatian

Visits: 2.717 *