Il principio dei confini etnici e dell’equilibrio etnico nella determinazione dei confini tra Jugoslavia e Italia (1945-1977)

Autori

  • Nada Jaman

Abstract

Dal settembre 1945 i! Consiglio dei Ministri degli Esteri delle potenze vittoriose della seconda guerra mondiale avvia il dibattito sui nuovi confini jugo-ilaliani. Le proposte degli alleati relative alla delimitazione delle nuove frontiere tra Italia e Jugoslavia partono ciascuna dai propri interessi, reputando di avere il diritto praticamente esclusivo di risolvere le questioni confinarie poste all’ordine del giorno. Com’era già capitato in altri casi, anche questa volta le grandi potenze cercano si inserire nella questione in predicato le basi di eventuali loro mosse politiche future. La nostra argomentazione, quanto ai confini con l’Italia, si fondava sul principio dei confini etnici, ossia si perorava la causa di una tale linea di demarcazione che lasciasse nei due Stati il minimo di appartenenti all’altra etnia. La parte italiana puntava sui cosiddetto »equilibrio etnico« per la fascia confinaria contestata, ovvero su una linea di frontiera che lasciasse in entrambi gli Stati un numero »uguale« di abitanti dell’altra etnia. Come e perchè la teoria dell’»equilibrio etnico« abbia prevalso sul principio del confine etnico, della continuità etnica nella delimitazione delle frontiere jugo-italiane dopo la seconda guerra mondiale, può trovare una chiave di lettura nel sempre più aperto disaccordo tra le grandi potenze alleate negli anni immediatamente seguenti al secondo conflitto mondiale. Motivo per cui la Commissione d’indagine interalleata, che avrebbe dovuto accertarsi sul posto della reale situazione esistente nell’area di confine in contestazione sottopose al Consiglio dei Ministri non una congiunta ma quattro proposte diverse. Alle sedute a porte chiuse del Consiglio dei Ministri venne accettata la proposta francese. Anch’essa, tuttavia, lasciava aperte parecchie questioni confinarie irrisolte, ed in particolare il problema di Trieste e del suo immediato retroterra. La Conferenza della Pace, tenutasi a Parigi nel febbraio 1947, accetta la proposta francese relativa ai confini jugo-italiani, nonostante tale decisione non soddisfi né l’una né l’altra delle due parti in causa, direttamente interessate. Dei focolai di crisi che affliggono l’Europa dopo la seconda conflagrazione mondiale, i problemi relativi al Territorio Libero di Trieste sono i più acuti fino al 1954, quando con gli Accordi di Londra si fissa in confine tra Italia e Jugoslavia e si abolisce il Territorio Libero di Trieste, rispettivamente le zone A e B. Vent’anni dopo si operano ulteriori ritocchi a questi confini e si regolano altri importanti rapporti tra Italia e Jugoslavia coi Trattati di Osimo/Ancona, ratificati dall’Assemblea della RSFJ nel 1977. Dati gli sforzi che si compiono per creare in quest’area, in nuove circostanze, una coesistenza pacifica tra i popoli, oggi possiamo asserire che la combinazione tra confini etnici e il cosiddetto equilibrio etnico ha prodotto, in fin dei conti, un risultato positivo. Così possiamo parlare di un trattato internazionale che, all’atto della sua emanazione, nel 1947, era stato dichiarato insoddisfacente, col passare del tempo si è rivelato una soluzione accettabile per ambo le parti. La linea di confine disegnata dal Trattato suddetto è diventata comunque la base per ulteriori accordi di collaborazione tra Italia e Jugoslavia.

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Pubblicato

1991-03-02

Fascicolo

Sezione

Trattati e articoli