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Original scientific paper

INTRODUZIONE NELLA PITTURA VOTIVA POSTTRICLNTINA IN DALMAZIA UNA PROPOSTA PER SANTE PERANDA

Zoraida Demori - Staničić ; Split, Regionalni zavod za zaštitu spomenika kulture


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page 204-207

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Abstract

Nel suo studio sui monumenti dell'isola di Brazza (Brač) dal XVI al XIX secolo, pubblicato nel1960, K. Prijatelj, spinto dalla sua raffinata sensibilità di eccellente connnisseur, riguardo alla grande pala d'altare quasi nascosta nella navata settentrionale della chiesa parrocchiale di Pucišće su Brazza, finora ritenuta opera di Palma il Giovane, ha espresso un certo dubbio sull'attribuzione citata. Il dipinto ha avuto un destino molto burrascoso, essendo stato rubato come due altri dipinti di Palma da Škrip. I ladri lo trafugarono nel marzo 1986 dalla chiesa parrochiale di S. Geronimo. Dopo intense ricerche fu ritrovato all'estero e nell'ottobre 1987 consegnato alla Sovraintendenza regionale per la Tutela dci Monumenti culturali, nel cui laboratori di Restauro è stato riparato, e quindi restituito alla chiesa. Nel corso del restauro della pala sono stati individuati nuovi e importanti dati per la sua interpretazione. Alla rappresentazione di S. Rocco e dell'infermo fa da sfondo una veduta di Spalato e dci suoi dintorni. Una rappresentazione simile di Spalato ci è nota da una grafica di Camozzi Isole famose, porti, fortezze e terre maritime sotoposte alla Serenissima signoria di Venetia, ad altri principi christiani et al signor Turco, del 1571, e da un'altra che orna il libro di Giuseppe Rossaccio Viaggio da Venezia a Costantinopoli per mare e per terra, scritto un po' più tardi, nel 1598. Entrambe le raffigurazioni sono in realtà carte topografiche della città con i dintorni, e si differenziano solo nei dettagli. In base ad esse il dipinto può essere collegato alla grande epidemia di peste del 1607, che in un paio di mesi din1czzò la popolazione dell'allora ricca città, che contava più di 4000 abitanti. In questo modo la pala di Brazza ha ottenuto la sua cornice sociale. Si tratta evidentemente di un dipinto votivo legato direttamente o indirettamente alla peste che colpi Spalato nell'anno 1607, che va quindi considerato la data ante quem a cui possiamo farlo risalire. Che si tratti proprio della peste c di Spalato è del tutto chiaro dall'analisi iconografica ed iconologica del dipinto. L'isola di Brazza c Spalato sono state da sempre, nel corso della loro storia, aperte l'una all'altra, così come geograficamente si fronteggiano. Questi legami erano saldi fin dall'antichità, dal tempo in cui l'isola fornì la pietra per il Palazzo di Diocleziano, fino al formarsi della notevole stratificazione tardoantica sull'isola, che non può essere presa in considerazione esulando dal contesto di Salona, oltre il medioevo, fino agli stretti rapporti con la repubblica di Venezia. Come l'altare con il dipinto di S. Rocco e la chiesa omonima, anche molte altre chiese c cappelle dedicate allo stesso santo, pale d'altare e sculture di cui non è priva nessuna chiesa dalmata, rivelano la forza votiva c l'influenza del culto di S. Rocco, che nel XVII e XVIII secolo sorpassò tutti gli altri culti in Dalmazia, e perfino quelli dei santi protettori dalla peste e da altre malattie fino ad allora maggiormente venerati - S. Sebastiano, S. Cosma e Damiano, S. Antonio Abate c S. Cristoforo. Non c'è località o paese in Dalmazia che in quel tempo gravido di epidemie non costruì la sua chiesa o cappella dedicata al santo di Montpellier. Questi edifici venivano di solito innalzati come difesa, solitamente al di fuori dci paesi, lungo le vie di accesso, a cui erano rivolti con le loro facciate, proprio perché, per intercessione di dio e del santo, si arrestasse l'epidemia. n carattere votivo della pala d'altare di S. Rocco a Pučišće, accentuato dalla presenza del santo taumaturgo, garantisce una mediazione efficace nell'ottenimento della grazia di essere risparmiati dalla malattia o della guarigione. La caratteristica composizione verticale è risolta nel montaggio praticamente teatrale tipico dell'immaginario del periodo successivo al Concilio di Trento, pieno di retorica elevata, e nel senso della nuova espressività e chiarezza è praticamente collocata su un palcoscenico, con una luce che ha il compito di indagare le forme e in particolare di evidenziare i volti dal patos accentuato; quello del malato colmo di dolore, invocazione, umile speranza e completo abbandono, e quello del santo elevato e mite, ma anche colmo di compassione. In essa domina la figura di S. Rocco, collocata verticalmente, e dalla fisionomia riconoscibile, tipica dell'alta stilizzarione della pittura veneziana. É evidente che si tratta di un caso di devozione privata, famigliare, elevato a livello pubblico con la commissione di un dipinto di accentuato valore artistico c con il suo innalzamento ad altare solenne. L'istituzione dell'altare di S. Rocco diventa un chiaro atto di ringraziamento non solo per il pericolo personalmente sfuggito, ma anche a nome di Pučišća e di tutta l'isola. n carattere pubblico del dipinto è particolarmente accentuato dal suo secondo piano, che qui non è un semplice sfondo indefinito dell'avvenimento principale, com'è consueto per i dipinti di quel tempo. Sulla terraferma, in lontananza, di riconosce chiaramente Spalato. Accanto alla città fortificata con la verticale trasparente del campanile di S. Domnio e il semicerchio del molo, è evidenziata anche la penisola di Bačvice (Boticelle) dove sono trasportati e sepolti i morti che vengono portati fuori dalla città. Si tende in questo modo ad una definizione più realistica possibile e si evidenzia chiaramente sia la tutela dalla peste già del tutto organizzata, sia la città, la qual cosa dà all'immagine una concreta dimensione spaziale c temporale. Con il suo alto livello formale, evitando qualsiasi genere di naturalismo, questo dipinto, volendo rendere pienamente la peste nelle sue reali parvenze, ma anche nella forte carica religiosa, si inserisce evidentemente nell'ampia serie dei dipinti antipeste del Seicento veneziano. Il dipinto che da tempo è ritenuto opera di Palma il Giovane, sull'isola vi è un numero significativo di sue opere, è stato annoverato tra gli autografi del maestro da P. Zampetti e N. Ivanoff nella prima monografia a lui dedicata, oggi invece il maggior conoscitore dell'opus di Palma, S. Mason Rinaldi, lo ascrive alla cerchia dell'artista. Il suo schema compositivo, le forme accentuatamente classiche, il patos, le fisionomie, coincidevano veramente con l'espressione di Palma il Giovane, formatasi nella tradizione di Tiziano e Tintoretto. Nel senso della rivalorizzazione dell'opus di Palma il Giovane in Dalmazia, si apre tutta una serie di problemi principalmente attributivi, in quanto al nome di Palma sono legate anche opere che oggi, dopo la ricostruzione dell'opus di numerosi pittori di quel tempo, non possono più essergli attribuite, e appartengono invece proprio al corpus del Seicento veneziano particolarmente contrassegnato dalla Controriforma. La questione "intorno a Palma" sta invero diventando uno dei problemi chiave del Seicento in Dalmazia. Veramente palmesca a prima vista, questa pala d'altare presenta alcune altre caratteristiche, che per quanto sulla traccia di Palma il Giovane, sono prima segno generico di quel tempo e di un'espressione a lui affine, che di uno stile particolare. La definizione formale del dipinto, soprattutto nella strutturazione della composizione in forti masse diagonalmente contrapposte e la torsione, l'intrecciarsi dei corpi, il particolare "affinamento" dei volti, i vuoti, la morbidezza in rapporto alle forme saldamente classicheggianti di Palma, il tenue lirismo e la mestizia, e la paletta in usuale per il maestro, in cui dominano lo strato superficiale un po' freddo con un caldo tono di rosso su una parte del mantello di Cristo, sono più vicini all'allievo e collaboratore di Palma, Sante Peranda, che a Palma stesso. Carattere distintivo di questo pittore è proprio il colorito freddo come uno strato di gelatina disciolta, riconoscibile nelle sue altre opere anche per un particolare "travasamento" dell'atmosfera dove in secondo piano, messi in particolare risalto dalla luce, il paesaggio e le figure si smaterializzano in una visione all'estremo limite della realtà, mentre irreali corpi umani splendendo come stelle filanti scompaiono completamente nell'atmosfera. Sebbene palmesca quanto ad espressione, la pala di Pucšće diluisce le vigorose composizioni palmesche non solo con i colori più deboli e più freddi, ma anche con una certa dose di malinconia ed eleganza. I movimenti delle figure su questo dipinto sono rilevati, ma morbidi, come i loro volti. Brilla in particolar modo il volto del santo colmo di una luce giala che emana dalla piena aureola tintorettiana, sottolineando la sua espressione mite, malinconica e triste, mentre quello del malato è di uno scuro color terra, ma rilevato contro l'azzurro del mare, e ombreggiato alla maniera caratteristica del Peranda. Sottolineati da luci diverse, nel caso di questo dipinto in modo completamente opposto, si distinguono due livelli rappresentativi. Nella pittura del Seicento è consuetudine separare le scene degli attori celesti dal livello reale, terreno, dove i cicli sono illuminati da una luce irreale. Qui Peranda ha capovolto questo principio. Il santo e l'infermo sono messi in rilievo da una luce esterna laterale e diffusa, "reale", mantre la rappresentazione della città, vera, non mitica, da cui si portano fuori i morti, e in cui sembra languire una luce giallo dorata, ottiene un' aura irreale. Questa inversione ha evidentemente la funzione di stimolare una sensazione, provocando nello spettatore malessere c paura. Il pittore, sapientemente, senza ricorrere a drastiche scene di morte, scheletri e disfacimento, con la stilizzazione dell'alto risultato formale ha ugualmente raggiunto un risultato impressionante. Anche in questo dipinto Sante Peranda ricorre al suo accostamento di colori preferito: azzurro freddo e giallo. Diversamente dal colorito di Palma che è in funzione della forma a cui subordina il colore, egli dà al colore con la sua stesura e la sua "acquerellatura" la qualità di un mezzo espressivo che s'impone alla forma. Sante Peranda evidentemente in Dalmazia godeva di una grande stima. Altrimenti gli abitanti di Lesina (Hvar) che nel 1622 avevano commissionato la pala per l'altare maggiore della loro cattedrale a Palma il Giovane, che morì !asciandola incompiuta, non avrebbero chiesto nel 1636 al Peranda di portarla a termine: " .. facci perfezionare sudetta pittura o dal Peranda che si dice esser valenthuomo o da qualche altro valenthuomo". Lungo la costa della Dalmazia e sulle isole del Quarnero gli sono stati attribuiti alcuni dipinti: la Pietà del convento di S. Lorenzo a Sebenico, la Madonna del Rosario di Pago, 206 la Madonna con S. Nicola e S. Rocco di Lussin Grande. Su tutte queste pale d'altare come diferentia specifica rispetto a Palma e come una specie di "denominatore comune" risaltano illirismo e la morbidezza e il caratteristico colorito freddo. La datazione della pala di Pučišće è suggerita dalla funzione votiva di cui si è già parlato. L'anno 1607 coincide, secondo l'analisi stilistica, con la fase veneziana di Peranda prima della partenza per 'Emilia. L'influenza di Palma è ancora notevolmente presente, ma non può essere negata neppure la presenza di una lontana eco di Tintoretto non solo a livello formale, in determinati dettagli delle figure, ma anche nella contrapposizione manieristica ancor sempre presente del primo piano così realistico, sottolineato dall'immagine robusta dell'infermo, con la fantastica, anche se luminosamente reale, ampia apertura del paesaggio. La composizione ancora caratterizzata da una staticità relativa è ancora lontana dalle osate diagonali, dall'intrecciarsi dei piani e dalla levitazione della fase emiliana. Proprio all'inizio del secolo, in particolare intoro al 1607, anno a cui risale la pala traurina della Circoncisione nella chiesa domenicana, anche l'attività di Palma in Dalmazia diviene più intensa. Non sappiamo se Peranda in qualità di allievo e collaboratore tra i dipinti per la Dalmazia ottenne anche commissioni personali o li eseguì solo nell'ambito della bottega, ma evidentemente sarà indispensabile cercare e riconoscere il suo contributo su alcune opere che portano la firma di Palma. Riformando la forza e l'energia di Palma e il colore e la luce che non sono più solo elementi costruttivi, le forme ottengono un'espressività nuova, Sante Peranda si afferma non solo all'interno della cerchia di Palma, ma anche del primo Seicento veneziano come una personalità artistica autonoma, lontano dall'essere un semplice epigono. Educando come pittori gli importanti, per la Dalmazia Pozoni e Zaniberti, Peranda ha segnato una svolta particolare dalla dominante linea "ortodossa" di Palma, accentuando il morbido passaggio dci colori, le ombeggiature delicate, il colorito sfumato. Creando al tempo di importanti cambiamenti sociali che stimolarono, come diremmo oggi, "uno spirito consumistico" per opere di determinate forme ed espressività, Peranda con la sua sensibilità, tendendo sempre al rinnovamento dell' "esaurita" e satura pittura di fine Seicento, diversamente da molti altri suoi contemporanei rispose con successo alle nuove esigenze.

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Hrčak ID:

117075

URI

https://hrcak.srce.hr/117075

Publication date:

12.10.1992.

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