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Izvorni znanstveni članak

UNA CAPSELLA RELIQUIARUM (1160) DALLA CHIESA DI S. COSMA E DAMIANO A KAŠTEL GOMILICA

Joško Belamarić ; Split, Regionalni zavod za zaštitu spomenika kulture


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Sažetak

U članku se objavljuje nalaz capsellae reliquiarum iz oltara crkve sv. Kuzme i Damjana u Kaštel Gomilici. Potvrđuje se Farlatijev navod o posveti crkve (podignute nad ostacima ranokršćanske bazilike) koju je izvršio splitski nadbiskup Abšalon 1160. godine. Autor razmatra pitanje njenih titulara iznoseći pretpostavku da je izbor moći pohranjenih u relikvijaru bio svojevrsni politički ulog rečenog nadbiskupa (ugarskog podrijetla) osobito radi činjenice da su u capselli i moći ugarskog sv. Stjepana Kralja, a da su Marija, te sv. Kuzma i Damjan suzaštitnici splitske katedrale. U članku se analiziraju tipološke odlike gomiličkog oltara u odnosu na poziciju sepulchruma, pa ga se uspoređuje s istovremenim u regiji. Autor izvodi široki ekskurs o pojavi kulta sv. Kuzme i Damjana u Splitu, i na teme •svetačke topografije• unutar Dioklecijanove palače na razmeđu kasne antike i ranog srednjeg vijeka. Kaštelanska crkvica, posvećena relikvijama iz splitske katedrale, interpretira se kao svojevrsni relei gradske političke moći u ageru.

Recentemente in una piccola cripta sullo stipite dell'altare della chiesa romanica dei Santi Cosma e Damiano a Kaštel Gomilica è stata scoperta una cassettina di piombo (7 x 4 x 3 cm), del cui contenuto e scopo parla l'iscrizione finemente intagliata, in caratteri carolini minuscoli del XII secolo: HIC SVNT RELIQUIIE SCE MARIE VIRIGINIS SCCS MA/RTIRV COSME l ET DAMIANI l ET SCI STEFA/NI REGIS Il ritrovamento è confermato da una fonte di Farlati che riferisce come la chiesa di S. Cosma e Damiano fosse stata consacrata dall'arcivescovo spalatino Absalon nell'anno 1160, e come la sua costruzione fosse stata iniziata dalle monache del convento di S. Benedetto con il permesso del loro predecessore Gaudio (1138-1158). La chiesetta stessa fu innalzata sui resti di una basilica tardoantica, ma gli scavi archeologici hanno dimostrato che nella vita di questa località vi è una chiara discontinuità. Sarà per questo probabile che vi sia stata una ripresa in epoca romanica. Rimane, dunque, inspiegato se già la basilica paleocristiana di Gomilica fosse intitolata ai santi Cosma e Damiano. Considerato che l'articolo mette in luce come le reliquie custodite nella capsella appena scoperta, fossero state prescelte in base ad un certo programma chiave dell'arcivescovo Absalon (è fondamentale l'indicazione: reliquie di santo Stefano Re), l'autore illustra innanzitutto la tradizione del culto di S. Cosma e Damiano all'interno del palazzo di Diocleziano a Spalato. Cvito Fisković ha tormulato di recente l'attraente ipotesi che il culto di S. Cosma e Damiano potesse essere una particolare derivazione - traduzione del culto di Esculapio nel palazzo tardoantico dell'imperatore Diocleziano, che dedicò a tale divinità, secondo la testimonianza di Torna Arcidiacono, il tempietto che sorgeva di fronte al suo mausoleo. Sullo sviluppo del culto cristiano nel Palazzo, oggi si può veramente dire qualcosa di più. L'autore avanza l'ipotesi che le chiesette di S. Teodoro e S. Martino risalgano al tardoantico. Entrambi i titolari hanno carattere specificamente militare. A Spalato il primo è collegato alla guardia bizantina che difendeva la Porta Ferrea del palazzo di Diocleziano. Il secondo, S. Martino - protettore dei soldati, dei sarti e dei tessitori - la chiesetta del quale a Spalato si trova sopra la Porta Aurea, potrebbe essere collegato all'esistenza documentata (proprio nella parte settentrionale del Palazzo) di una bottega per la produzione di tessuti di cui si ricorda il Procurator gynaecii Jovensis Dalmatiae Asphalatho. I gynaecarii erano per lo più condannati - con status di lavoratori. Generalmente parlando, soldati, lapicidi, porporai, tessitori - gli abitanti del Palazzo nei suoi primi secoli - erano il ceto ideale per accogliere il mistero cristiano. L'autore, dunque, pensa che a Spalato come altrove i gynaecarii erano riuniti in una corporazione di cui S. Martino poteva essere il protettore più conveniente. Oltre che dalla diffusione generale del culto di entrambi i santi ricordati in epoca tardoantica, l'ipotesi è convalidata da una notevole concentrazione di spolia paleocristiani presso entrambe le chiesette. L'autore in questo excursus va ancora oltre. Nella letteratura è stato più volte citato il bizzarro racconto di Amiano Marcellino, su come nell'anno 356 una donna denunciasse suo marito Danus e su come fosse stato condannato a morte, per delitto di Jaesa maiestatis avendo rubato la tenda rossa dal sarcofago dell'imperatore nel suo mausoleo. La storia è utilizzata solitamente per provare che Diocleziano fece costruire il tempio ottagonale, che più tardi sarebbe diventato la cattedrale di Spalato, come suo sepolcro e che vi era effettivamente stato seppellito. Non è mai stata, stranamente, posta la questione del motivo per cui Danus rubo il drappo cremisi dalla tomba di Diocleziano, pur essendo evidente che non poteva trattarsi di un furto motivato da interessi venali con la stoffa imperiale color cremisi, non si potevano cucire abiti da portare in pubblico. Si tratto molto probabilmente di un cosciente atto di profanazione, di un intervento di vendetta cristiana sul sarcofago dell'imperatore che per le sue posizioni contrarie al cristianesimo sarebbe rimasto profondamente impresso nella memoria dei secoli successivi come il più efferato persecutore dei cristiani. Lo scritto di Marcellino potrebbe essere proprio la significativa dimostrazione dell'inizio del regolamento dei conti del cristianesimo con le reliquie del paganesimo all'interno del Palazzo. L'autore, continuando, richiama l'attenzione sul fatto che il piccolo concilium sanctorum dei protettori di Spalato con Maria alla testa (la cattedrale è intitolata alla Assunzione di Maria) era costituito da due coppie: accanto a S. Domnio e Anastasio, S. Cosma e Damiano. Nelle analisi delle origini e delle funzioni,:P.ei culti dei santi nell'eta tardoantica è stato fatto notare come molte communità paleocristiane sottolineavano volentieri il fatto di avere nef loro centri più santi, e di scegliere spesso come protettori coppie di santi (Gervasio e Protasio a Milano, Pietro e Paolo a Roma, Felice e Fortunato ad Aquileia . .. ). Peter Brown fa rilevare come tale scelta fosse cosciente: "la festività di due santi era la celebrazione della concordia all'interno di una città in potenza profondamente disunita ..." L'autore ha trovato un'interessante suggerimento per tale interpretazione nell'analisi del rapporto insolitamente complesso tra S. Grisogono e S. Anastasia a Zara. Nella ricchissima scelta di reliquie che gli poterono essere offerte al principio del IX secolo, quando giunse a Costantinopoli come mediatore tra Carlo Magno e l'imperatore Nicoforo, il vescovo di Zara Donato, scelse certamente con molta attenzione le reliquie di S. Anastasia, in quanto il" suo pari", tutto considerato, doveva già trovarsi a Zara. L'autore ritienne che Donato non ebbe in mente tanto l'unione dopo la morte di Grisogono e Anastasia, quanto una specie di neutralizzazione dell'influenza "ideologica" che avevano in città le reliquie di S. Grisogono, giunte da Aquileia. In verità, le reliquie del santo scomparvero e più tardi furono nuovamente scoperte con un singolare miracolo. Ma qui siamo già di fronte ad un classico topos agiografico - il nuovo ritrovamento del corpo di un santo. Tutto questo excursus serve all'autore per formulare le seguenti osservazioni: se i santi Cosmia e Damiano, come titolari della chiesetta di Gomilica, sono eventualmente anche più antichi della sua consacrazione nel 1160, le reliquie nella capsella ritrovata sono sicuramen te, come le reliquie della Santa Vergine Maria, giunte dalla cattedrale di Spalato - al tempo dell'arcivescovo Absalon che arrivò a Spalato dall'Ungheria, e se ne allontanò con il riaffermarsi del potere bizantino sulla città. Le reliquie di S. Stefano, re d'Ungheria, si possono ritenere, con certezza, come parte del particolare ruolo politico affidato all'arcivescovo, uno dei tanti nella linea filo-ungherese che nel corso del XII secolo stette a capo della cattedrale spalatina. La costruzione della chiesetta a Kaštel Gomilica alla metà del XII secolo e lu sua consacrazione nel 1160, non si svolse, sicuramente, nel vuoto! Faceva parte della nuova politica integrale della chiesa, di un'epoca di consolidamento politico-sociale dei rapporti tra la città e lo spazio retrostante, il tempo che preparò il rinnovamento della maggior parte delle nostre cattedrali, e in cui il numero dei luoghi di culto cristiani nella campagna intorno alle città adriatiche aumentò di colpo. L'autore dà un breve guadro delle tappe più significative che dimostrano quanto il tour de force della città e delle sue chiese riuscì a penetrare nel territorio circostante. Esso fu ricoperto da una rete di chiesette nuove o rinnovate. Tramite la diffusione di particelle di santi trasportate in simili recipienti e cassettine in miniatura, si conquistavano e consacravano nuovi spazi. La chiesa negli spazi extra-urbani diventa un ripetitore del potere cittadino. L' "archeologia devozionale" rinnovava le relazioni con l'epoca eroica del primo cristianesimo. Il topos del ritrovamento e del rinnovamento di una delle località cristiane già consacrate, coincideva a suo modo con il topos del ritrovamento del santo protettore perso. Era questo indubbiamente anche il modo p iù breve di riconnotare uno spazio. Dopo l'interpretazione dell'iscrizione sulla capsella, l'autore, infine analizza le caratteristiche tipologiche dell'altare della chiesa di Kaštel Gomilica.

Ključne riječi

Hrčak ID:

118158

URI

https://hrcak.srce.hr/118158

Datum izdavanja:

18.3.1991.

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