Skoči na glavni sadržaj

Prethodno priopćenje

https://doi.org/10.34075/cs.58.1s.19

L’incontro tra Benedetto e Scolastica: tra preghiera, amore e visione di Dio

Roberta Franchi orcid id orcid.org/0000-0003-2997-6894 ; Università di Firenze, Dipartimento di Lettere e Filosofia, Firenza, Italia


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Al capitolo 33 del secondo libro dei Dialoghi di Gregorio Magno, Scolastica e Benedetto hanno trascorso una giornata insieme a conversare. Quando il crepuscolo comincia a calare, rendendosi conto che Benedetto l’avrebbe presto lasciata, Scolastica lo prega di rimanere per la notte. Al netto rifiuto del fratello, impossibilitato a restare fuori dal monastero secondo i dettami della Regola, Scolastica comincia a pregare, piangendo. Quasi a voler rispecchiare le sue lacrime, i cieli generano una pioggia torrenziale, impedendo a Benedetto di tornare al suo monastero. A conclusione dell’episodio, Gregorio annota: «Scolastica ha potuto di più (plus potuit), perché ella ha amato di più (quae amplius amavit)». Rievocando l’episodio del fariseo e della peccatrice narrato nel vangelo di Luca (7,36-50), in opposizione al legalismo ascetico l’amore è presentato come la chiave che dischiude il tesoro della divina misericordia. L’amore è incarnato in Scolastica. Ella è la scolara, una donna istruita nella fede, nella preghiera e nella carità alla schola divina, dove ha appreso la sapienza del cuore e dell’amore di Dio. L’incontro tra Benedetto e Scolastica gioca un ruolo centrale nella narrazione: segna non solo la fine di quelli che possono essere chiamati i miracoli d’azione di Benedetto, ma anche l’ingresso nella fase finale della sua vita, quella in cui regnano le visioni gloriose e le conversazioni sull’aldilà. Alimentato dalla preghiera e dalla contemplazione, il cuore percepisce la radiosità della creazione, e la natura del cuore trasformato, una «luce interiore nella mente» (lumen mentis), risplende di concerto con la gloria di Dio. È quanto accaduto a Benedetto. Affiancato da Scolastica, continua a splendere sulla terra con la sua Regola: è la luce dell’Europa.

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Hrčak ID:

310264

URI

https://hrcak.srce.hr/310264

Datum izdavanja:

29.11.2023.

Podaci na drugim jezicima: engleski

Posjeta: 281 *




Chiamare in causa la figura di Benedetto vuol dire chiamare in causa il fondatore dell’ordine benedettino e del monachesimo occidentale la cui Regola, scandita dall’ ora et labora, ha avuto un impatto incisivo sulla civiltà cristiana occidentale. Come molti dei padri e degli esponenti del monachesimo antico, il profilo di Benedetto è associato alla figura della sorella Scolastica , fondatrice del monachesimo benedettino femminile. Due fratelli, due fondatori. Ma quali i legami e i rapporti tra i due? Come leggere le loro figure all’interno della tradizione monastica?

1. Il personaggio Scolastica: realtà o finzione?

In linea con i criteri dell'agiografia antica, nel secondo libro dei Dialoghi di Gregorio Magno viene presentata la vicenda spirituale di Benedetto, accanto al quale compare anche la sorella1. La presenza di Scolastica a fianco del fratello ha favorito non poco l’ascesa di Scolastica agli onori della santità e, al tempo stesso, ha fornito la base per la convinzione, già diffusa nel IX secolo, che entrambi fossero gemelli. In verità, le fonti su Scolastica sono assai scarse: la sua figura è attestata soltanto nei Dialoghi di Gregorio Magno2. Ciò ha portato molti studiosi a dubitare dell’esistenza della donna, ritenendola una invenzione di Gregorio Magno3. Eppure, la possibilità che Benedetto non abbia avuto una sorella o che Scolastica non sia stata la sorella biologica, solleva alcune questioni importanti. In primo luogo, se Scolastica fosse esistita come compagna o “sorella” spirituale e non come sorella biologica di Benedetto, perché Gregorio afferma che fu la sorella biologica di Benedetto, e perché Scolastica fu venerata successivamente come sua gemella? In secondo luogo, se Benedetto non ha avuto una sorella biologica e non è esistita una figura storica di nome Scolastica, perché Gregorio ha avvertito la necessità di inventarla? Le questioni ruotano attorno al legame tra fratelli, una forma consolidata e privilegiata di impegno tra uomini e donne nella vita monastica e religiosa antica: basti pensare a Pacomio e Maria, Cesario e Cesaria, Leandro e Fiorentina4.

Nel cristianesimo antico, se le relazioni tra fratelli e sorelle sono ammesse nella prima vita monastica, quelle tra uomini e donne non imparentati tra loro sono in genere sospette5. In una lettera ad un magistrato locale di nome Simmaco, lo stesso Gregorio consiglia che i sacerdoti non debbano vivere con delle donne fatta eccezione per la madre, la sorella o la moglie, la cui castità dovrebbe essere preservata6. Se Benedetto avesse mantenuto una stretta amicizia con una donna virtuosa, ma non imparentata con lui, Gregorio potrebbe aver scelto di descriverla come sua sorella ( soror) al fine di enfatizzare la forza del loro legame. Ciò potrebbe fornire una spiegazione alla prima domanda. La risposta al secondo quesito è più complessa. Se Benedetto non ha avuto né una sorella né una compagna spirituale di sesso femminile, perché Gregorio avrebbe scelto di raffigurarlo con a fianco una di loro? Una risposta potrebbe essere che, al tempo in cui Gregorio scriveva, un rapporto con una donna, idealmente una sorella, era diventato un elemento topico, nonché importante nel medaglione biografico e spirituale del futuro santo. Come ha suggerito Jane Tibbetts Schulenburg, la presenza di una sorella ha creato una “simmetria di genere” alla vita religiosa maschile, un fattore che sottolinea l'importanza dell’elemento femminile all'interno del cristianesimo7. Ma vi è dell’altro. L'enfasi di Gregorio su Scolastica come maestra di vita spirituale può essere stata ispirata da Leandro di Siviglia, il cui stretto rapporto con la sorella, Fiorentina, era probabilmente noto a Gregorio stesso. Leandro fu un caro amico di Gregorio; i due si incontrarono a Costantinopoli intorno al 580 e mantennero i contatti negli anni successivi, scambiandosi lunghe lettere e talvolta anche dei regali. Gregorio sicuramente conosceva gli scritti spirituali di Leandro e potrebbe avervi tratto il senso del valore spirituale e della legittimità delle relazioni spirituali fratello-sorella8. La decisione di Gregorio di presentare Scolastica nel suo racconto della vita di Benedetto ha perpetuato l'ideale del legame fratello-sorella, mediando il paradigma tardoantico dell'intimità tra fratelli anche nel successivo pubblico medievale. Anche quest’ultimo arrivò a pensare che fornire cure spirituali a parenti di sesso femminile fosse un indicatore importante a sostegno della santità: il rapporto di Benedetto con Scolastica rafforzò l'aspettativa che la cura fraterna potesse (e dovesse) far parte della vita religiosa maschile9. Proprio alla luce di simile contesto, è difficile pensare a Scolastica come a una mera invenzione di Gregorio.

Sebbene Scolastica sia rappresentata solo brevemente nella vita di Benedetto tracciata da Gregorio, la sua fama crebbe di concerto con quella del fratello, la cui Regola fece in modo che Benedetto fosse conosciuto e venerato in tutta la cristianità occidentale. Estendendo i precedenti modelli delle coppie di fratello-sorella (come Pacomio e Maria, Cesario e Cesaria, Leandro e Fiorentina), il rapporto fratello-sorella promosso da Gregorio in questo lavoro si è rivelato enormemente influente, stabilendo allo stesso tempo uno schema di cura e devozione spirituale fratello-sorella che ha posto simili relazioni al centro della vita monastica: un risultato notevole, dato che la Regola di San Benedetto non menziona le donne10. Grazie al racconto di Gregorio, Scolastica è diventata nota e venerata come una santa a se stante11, patrona del monachesimo benedettino femminile, una donna le cui preghiere amorevoli e piene di lacrime sono state spiritualmente decisive, come narra Gregorio stesso.

2. Scolastica nel secondo libro dei Dialoghi di Gregorio Magno

Dedicatasi alla vita religiosa sin da piccola, Scolastica, stando al racconto di Gregorio Magno, mantiene i contatti col fratello, visitandolo una volta l'anno in un possedimento del monastero. Nell'episodio descritto da Gregorio al capitolo 33, Scolastica e Benedetto hanno trascorso una giornata insieme a conversare. Dopo il pasto festivo e i sacra conloquia sulla vita spirituale, quando il crepuscolo comincia a calare, rendendosi conto che Benedetto l'avrebbe presto lasciata, Scolastica lo prega di rimanere per la notte. Al netto rifiuto del fratello, impossibilitato a restare fuori dal monastero secondo i dettami della Regola, Scolastica comincia a pregare, piangendo. Quasi a voler rispecchiare le sue lacrime, i cieli generano una pioggia torrenziale, impedendo a Benedetto di tornare al suo monastero. Benedetto la rimprovera, dicendo: «Dio onnipotente ti perdoni, sorella. Che hai fatto?», ma Scolastica si difende, invocando Dio come suo aiutante: «Ecco io ti pregai, e tu non mi hai ascoltata. Ho pregato il mio Dio ed egli mi ha ascoltata. Vai ora se puoi. Lasciami pure e torna al monastero»12. Non potendo uscire, il fratello resta lì suo malgrado e, rassegnato, trascorre la notte in una santa veglia con la sorella13.

A dispetto di quanto desiderava, Benedetto è spettatore di un miracolo di Dio, scaturito dal cuore ardente di una donna. Non bisogna meravigliarsi se in questo frangente abbia potuto di più la sorella, che desiderava intrattenersi più a lungo con il fratello. A conclusione dell’episodio, Gregorio annota: Scolastica ha potuto di più ( plus potuit), perché ella ha amato di più ( quae amplius amavit)14. Se Scolastica ha ottenuto di prolungare l'incontro con il fratello, è perché, essendo Dio amore, come dice la prima epistola di Giovanni15, è stata premiata per aver amato di più. Il vero significato dell'episodio, quello suggerito da Gregorio stesso, prende dunque avvio dalla Scrittura e dalla sua interpretazione. Gregorio inizia ricordando ai suoi lettori che Paolo una volta «voleva qualcosa che non era in grado di ottenere» ( quod voluit obtinere non valuit), e applica il nesso quod voluit [...] non valuit a Benedetto, per poi descrivere l'incontro tra lui e la sorella16. Due riferimenti al Nuovo Testamento segnano l'inizio e la fine dell’episodio: Paolo ha implorato il Signore tre volte perché lo liberasse dalla sua sofferenza, dallo stimulus carnis, ma non è stato ascoltato17; nella prima epistola di Giovanni si recita: Deus caritas est18. L'impotenza di Benedetto è spiegata dal primo testo, il potere di Scolastica dal secondo. Ma a questi due  testimonia occorre aggiungerne un altro, come già suggerito da Adalbert de Vogüé19Illa plus potuit, quae amplius amavit: leggendo quest'ultima frase, viene subito alla mente l'episodio del fariseo e della peccatrice narrato nel vangelo di Luca:  remittuntur ei peccata multa, quoniam dilexit multum20. È vero, Gregorio impiega il comparativo ( plus [...] amplius), mentre l'idea del confronto non emerge chiaramente nella formula positiva di Luca ( multa [...] multum), ma la scena evangelica nel suo complesso non lascia dubbi sulla portata di questa espressione: si tratta di un paragone tra il minimo amore di Simone e il più grande amore della peccatrice, colei che ha cosparso di olio profumato i piedi di Gesù, li ha bagnati con le sue lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. E se le due frasi differiscono nell'oggetto, l'uno riguardante l'esaudimento della preghiera, l'altro il perdono dei peccati, rimane tra loro un'analogia sorprendente: in entrambi i casi, l'amore è presentato come la chiave che dischiude il tesoro di Dio e della divina misericordia. Per mezzo del loro grande amore, la peccatrice e Scolastica hanno ottenuto da Dio un grande beneficio. Non sembra improbabile che Gregorio avesse in mente la frase di Luca quando ha concluso la sua storia. Ciò invita ad accostare le due scene, quella del vangelo e quella dei  Dialoghi. Ne consegue una serie di corrispondenze difficilmente trascurabili. In entrambi i casi, la cornice narrativa è rappresentata dal banchetto. In entrambi i casi, sono presenti un uomo e una donna, con caratteri e valori differenti: da una parte Benedetto e Scolastica, dall'altra il fariseo e la peccatrice. L'uomo ricopre il ruolo del giusto, del campione della legge, mentre la donna appare colpevole e da biasimare. L'uomo condanna la donna in nome della sua giustizia e della sua legge, mentre la donna si rivolge all'arbitro divino e ottiene con le sue lacrime ciò che desidera. In entrambi i casi, Dio interviene come giudice nel processo, nel primo caso nell'umanità del Signore Gesù, visibile, udibile, toccabile, nel secondo nell'onnipresenza nascosta e nell'onnipotenza rivelata dalla tempesta21. L'incontro tra Benedetto e Scolastica nasconde un’allusione sottesa alla scena del fariseo e della peccatrice di Luca, ma lo stesso gesto di venerazione è ripetuto nei confronti di Gesù da un'altra donna, Maria, la sorella di Marta e Lazzaro, in una diversa occasione: nell’unzione di Betania, pochi giorni prima della Pasqua22. E così, si arriverà ad un equivoco, durato per secoli: dopo essere stata confusa con la prostituta di Galilea, da alcune tradizioni popolari Maria Maddalena sarà identificata proprio con questa Maria di Betania. Questo retroscena della storia di Luca è importante, perché Gregorio Magno, facilitato dal nome Maria comune almeno a due donne (Maria Maddalena e Maria di Betania), vi ha visto in tutti i passi evangelici una sola e medesima donna: Maria Maddalena, la prima testimone e messaggera della risurrezione. La fusione di queste figure femminili favorisce la composizione di due belle omelie, predicate da Gregorio circa tre anni prima della stesura dei Dialoghi, in cui viene celebrato l'amore di Maria Maddalena, sia ai piedi di Gesù sia vicino la tomba vuota. Gregorio spiega: le viene chiesta la causa del dolore, «Donna perché piangi? Chi cerchi?» (Gv. 20,15), perché il desiderio cresca e, chiamando per nome colui che cerca, s’infiammi di più nell’amore di lui23.  Ecco allora che dopo aver sublimato questa donna amorevole, Gregorio potrebbe averla fatta rivivere nella persona di Scolastica, espressione in veste femminile della realizzazione compiuta della Regola benedettina. Se Scolastica è giunta alla compiutezza di vita e di preghiera, tanto da essere stata esaudita da Dio, è grazie al suo percorso costante di fede, di obbedienza, di carità. Guidata dall’amore di Dio, è pervenuta là dove l'unica legge fondante è quella dello Spirito24. Scolastica non rappresenta la contemplazione, ma l'amore. Il suo ruolo è quello della donna rimproverata, che il Signore tuttavia giustifica perché ha amato moltissimo, un amore frutto di una preghiera intensa25. È proprio la preghiera lo strumento di cui Scolastica si avvale per vincere l’adesione all’austera e rigida disciplina incarnata dal fratello. La preghiera è il cardine, l’anima della vita monastica, è il filo continuo che unisce a Dio: è il linguaggio più alto dell’amore26. Con la forza della sua supplica e delle sue lacrime, sgorganti da un cuore puro, Scolastica ottiene dal Signore un inaspettato cambiamento di atmosfera, proprio come ricorda la Regola stessa: «[...] quanto più si deve supplicare il Signore, Dio dell'universo con tutta umiltà e sincera devozione. E rendiamoci ben consapevoli che non saremo esauditi per l’abbondanza delle parole, ma per la purezza del nostro cuore e la compunzione fino alle lacrime»27. Supportati dalla preghiera, al centro di tutto si stagliano amore e lacrime sincere28.

Nella Regola viene più volte ribadita l’importanza della preghiera, a cui non deve essere anteposto nulla: nihil operi Dei praeponatur29, perché è nella preghiera che l’uomo può cercare veramente Dio; nulla deve essere anteposto all'amore di Cristo: nihil amori Christi praeponere30. Scolastica incarna la sua vita in questo senso. Del resto, nella Regola non ha lo stesso Benedetto insegnato di rivolgersi a Dio nelle difficoltà?31. Giunta ormai in vista della meta, Scolastica altro non desidera che Dio, l’unione con lui. Attraverso questo personaggio femminile, Gregorio suggerisce di vivere l’ideale cristiano della sintesi, della pacificazione tra spirito e materia. L’impassibilità non comporta l’annullamento della passionalità, ma il conseguimento della libertà grazie all’autodominio e al vero amore. Coinvolta nella tensione e nella lotta, dopo aver trasformato la brama in impassibilità, l’anima, intenta a contemplare la bellezza divina, dovrà ardere di passione soltanto per lo spirito. Nella Regola Benedetto precisa: «Desiderare con tutto l’ardore dell’animo la vita eterna»32. Questa tensione escatologica alla base della Regola benedettina trova in Scolastica un valido exemplum. Il suo carattere esemplare deriva dalla fecondità della sua vita cristiana, una carità verso Dio desiderato ardentemente, e carità verso i fratelli amati. La Regola stessa ricorda l’importanza dell’amore e lo zelo che i monaci devono avere: «Pratichino un casto amore fraterno ( caritatem), temano Dio amandolo ( amore), amino ( diligant) il loro abate con affetto sincero e umile ( sincera et humili caritate33.

Come intendere allora il nome di Scolastica, alla luce di questa ricostruzione? Scholastica è la scolara, una donna istruita nella fede, nella preghiera e nella carità alla schola divina, dove ha appreso la sapienza del cuore e dell’amore di Dio34. Questo itinerario spirituale termina con un altro segno evidente della perfezione raggiunta. Tre giorni dopo l’incontro, Benedetto vede l’anima della sorella penetrare nelle misteriose profondità del cielo, sotto forma di colomba35. Se teniamo presente che lo Spirito santo è raffigurato proprio come colomba e il simbolismo dei tre giorni, in cui nel triduo Pasquale si snoda la vicenda di Cristo, conclusasi il terzo giorno con la risurrezione, allora si comprende la sua prossima santità36. Felice del ritorno alla pace eterna della sorella, Benedetto eleverà inni e lodi e ringrazierà Dio per la gloria concessa alla donna: egli stesso ne darà l’annuncio ai suoi confratelli37.

3. Benedetto nel secondo libro nei Dialoghi di Gregorio Magno (c. 33-38)

Il personaggio di Benedetto è più articolato e complesso. Nei capitoli precedenti l’incontro tra Benedetto e Scolastica, Gregorio ha accumulato le prove della potentia Dei ad opera del futuro santo. Dopo essersi soffermato sulla chiaroveggenza di Benedetto e sui suoi doni profetici, Gregorio narra una serie di miracoli. Così si susseguono la guarigione del lebbroso (c. 26), il debito pagato dalla Provvidenza e la guarigione di un uomo avvelenato (c. 27), il flacone di olio gettato sulle rocce, raccolto intatto e dato a un bisognoso (c. 28), l’anfora vuota d’olio riempita grazie alla preghiera (c. 29), la guarigione di un monaco posseduto (c. 30). Dal momento che questi ultimi due miracoli sono stati ottenuti con la preghiera, il diacono Pietro chiede se Benedetto non abbia compiuto a volte prodigi senza ricorrere ad essa, ovvero per mezzo della sua volontà. Ne segue una breve esposizione sulle due modalità di operare i miracoli, pregando o comandando. Esse sono alla base di due miracoli compiuti da Benedetto: la liberazione del contadino maltrattato da Zalla (c. 31) e la risurrezione del figlio di un altro contadino (c. 32). È a seguito di questa doppia narrazione che il diacono Pietro pone la domanda che introduce l’incontro tra i due fratelli: che sia per mezzo della preghiera o del desiderio, i santi ottengono sempre ciò che desiderano? Se il desiderio di Scolastica di conversare con Benedetto sulla vita eterna fa presagire l’eminente santità della donna, il rifiuto del fratello nell’assecondare una richiesta scaturita dall’amore puro e sincero lo colloca in una posizione di inferiorità. Benedetto non incarna qui il santo ideale, innamorato della contemplazione, ma la regola in contrasto con l'amore, la legge in opposizione alla carità. Sulla scia di Paolo, se Benedetto non ha ottenuto ciò che voleva, è perché, come il fariseo, ha amato di meno38.

Nella tradizione pittorica, si è andata consolidando l’abitudine di ritrarre Benedetto con il fascio di verghe in mano, una maniera alla quale si adegua anche il Beato Angelico. Certamente, la vita monastica è fatta di precetti e osservanze e consiste in primis nell’osservare la regola. L'episodio di Scolastica sarà seguito, pochi capitoli dopo, dall’importanza della regola benedettina, un concetto restituito attraverso un linguaggio metaforico incentrato sulla luce. Se Benedetto brilla ( claruit) nel mondo per mezzo dei suoi numerosi miracoli, e non è meno brillante ( fulsit) nelle sue parole di insegnamento, la sua Regola è notevole per discrezione e limpida ( luculentam) nello stile39. Ma, come precisa Gregorio, Benedetto non ha insegnato diversamente da come ha vissuto. Saggia sintesi del vangelo, la Regola, pronta ad organizzare nei dettagli la vita dei monaci, fissandola attorno alla stabilitas loci e alla conversatio, la buona condotta morale, la carità reciproca e l'obbedienza all'abate, scandisce il tempo nelle varie occupazioni della giornata, durante la quale la preghiera e il lavoro si alternano all’insegna del motto monastico ora et labora, con il sostegno della lectio divina, ovvero la meditazione della Parola di Dio. Nessun monachesimo degno di questo nome può fare a meno di una fedeltà alla “regola dei Padri”, nella convinzione che quest'ultima sia basata sulla parola di Dio e che traduca concretamente la volontà divina all’interno della comunità monastica: l’ habitare fratres in unum. Tuttavia, il miracolo di Scolastica ricorda che questo afflato spirituale della regola deve restare ancorato a determinati valori, come l'amore e l'obbedienza diretta alla volontà di Dio.

Nell’esperienza mistica convivono due realtà, che assumono entrambe un ruolo primario: la parte divina e quella umana, ossia il momento teologico e quello psicologico-umano. Sebbene l’azione di Dio sia l’elemento portante sul quale poggia tutta la realtà mistica, è comunque necessario considerare non soltanto ciò che Dio impone all’uomo dall’Alto, ma anche come il soggetto, a sua volta, sia in grado di reagire al volere divino, teso ad assorbire tutto l’individuo, fino a renderlo strumento attivo della sua azione. Ogni grado di conoscenza umana coinvolge una dimensione mistica e ogni condizione mistica coinvolge una conoscenza umana. Il santo non è l’uomo delle dottrine sublimi, ma chi, spingendo fino all’eroismo l’amore per Dio, diventa un ideale fatto carne, un modello concreto di vita evangelica. Non le speculazioni intellettuali né le esercitazioni moralistiche creano la santità, ma la disponibilità e la capacità di amare, perché nell’amore di Dio si è creduto e perciò si fa della vita un dono, in cui si trasfonde se stessi. L’amore, come si precisa al capitolo 72 della Regola, coincide con l’ultimo grado del timore, dopo aver percorso i dodici gradi dell’umiltà.

Come notato da Adalbert de Vogüé, il complesso apparato strutturale e letterario alla base del secondo libro dei  Dialoghi, ed in particolare dei capitoli 33-38 che concludono il libro, illuminano sulla personalità di Benedetto40. Questi capitoli assumono la forma di un “trittico” letterario con tre “pannelli” che descrivono la trasformazione di Benedetto da asceta e taumaturgo ad un contemplativo, capace di vedere sia l'ascesa dei santi in cielo sia l'intero universo, scintillante in un raggio di luce divina. Il primo pannello ‒ capitoli 33 e 34 ‒ narra l'incontro tra Benedetto e sua sorella Scolastica che, attraverso la santa conversazione e la preghiera, è in grado di dimostrare al fratello come l’amore vada congiunto al legalismo ascetico. Tuttavia, Gregorio suggerisce che questa frustrazione della volontà di Benedetto è stata anche un'occasione di conversione e di crescita spirituale: entrambi hanno potuto condividere conversazioni sacre sulla vita spirituale41. Questo colloquio tra fratelli rievoca l’incontro, avvenuto precedentemente nel IV secolo, tra Gregorio di Nissa e Macrina e narrato nella Vita di Macrina42. Gregorio di Nissa decide di andare a trovare la sorella Macrina dopo una lunga separazione. Anche qui Gregorio, poco prima di raggiungere la comunità monastica di Macrina, ha una visione: gli sembra di tenere in mano delle reliquie di martiri, che emanano bagliore. In seguito all’incontro con la sorella, Gregorio di Nissa sarà in grado di comprendere il significato di questa visione: la morte imminente della sorella, destinata alla santità43. In entrambe le narrazioni, l'argomento dei due incontri è il medesimo: la vita spirituale ed eterna. E proprio come ha fatto Scolastica, quando arriva la notte ed è tempo di separarsi, Gregorio vuole restare con Macrina ed è rattristato dalla prossima separazione: «Mentre Macrina passava in rassegna questi fatti, io desideravo che il giorno si allungasse, così che ella non smettesse di farci sentire queste dolci parole»44; «la natura era sopraffatta, come è naturale, dalla tristezza, perché prevedevo che non avrei più sentito la sua voce»45. Entrambe vergini e consacrate al Signore fin dall’infanzia, Macrina e Scolastica si mostrano superiori ai rispettivi fratelli: sono discepole di Dio, animate dalla preghiera e dall’amore.

Nei Dialoghi, il risultato di questi sacra spiritalis vitae conloquia, avvenuti non dopo la lotta ascetica frequente nell’agiografia monastica, ma nel contesto dell’interazione comunitaria, è la prima visione celeste di Benedetto: quella dell’anima di Scolastica che ascende al cielo sotto forma di colomba. Nella tradizione giudaico-cristiana, si registrano varie visioni: solo per citarne alcune, si pensi a quella di Eliseo dell'ascesa di Elia ( 2Re 2,11-12), quelle nel Libro di Enoch (c. 14-18), le visioni della martire Perpetua e, in maniera ancora più rilevante, a quelle nella  Vita di Antonio. Esse danno conferma dell’ auctoritas e del carisma profetico del veggente, nonché annunciano la futura santità. E come non ricordare un altro noto passo cristiano, che mostra parallelismi con questa narrazione? È la conversazione di Agostino e di sua madre Monica a Ostia, descritta nel nono libro delle Confessioni. Durante il viaggio di ritorno in Africa, prima della morte che di lì a poco coglierà Monica lungo il cammino, a Ostia, madre e figlio condividono un’esperienza spirituale, un momentum intelligentiae, di ascesa verso la verità ultima, dove sono giunti perfino oltre le loro stesse anime: partendo dalla contemplazione delle realtà create, arrivano a trascenderle per contemplare misticamente quel luogo in cui Dio pasce Israele in eterno col pascolo della verità, ove la vita è la sapienza eterna46.  Come nella narrazione di Gregorio, la conversazione di Agostino si conclude con la contemplazione dei misteri celesti e il suggerimento della morte imminente di Monica. Nel racconto di Gregorio, la visione di Benedetto non solo conferma la santità di sua sorella, ma è un segno della progressiva trasformazione della personalità di Benedetto47.

Il secondo pannello, l'incontro tra Benedetto e l’abate Servando, al capitolo 35 rievoca per certi aspetti quello precedente, sebbene il contesto cenobitico sia ancora più chiaramente evidenziato.

L'abate Servando porta con sé alcuni membri del suo monastero in Campania, e durante la notte Benedetto e Servando rimangono in una torre al di sopra dei propri monaci, quasi a voler suggerire di vegliare su di loro, pronunciando «dolci parole di vita» ( dulcia […] vitae verba). Durante la loro conversazione, i due abati si scambiano reciprocamente le dolci parole della vita, pregustando le gioie della dimensione escatologica, un assaggio delle gioie del banchetto celeste, il delizioso banchetto della loro patria celeste che non sono stati ancora in grado di godere perfettamente, ma che desiderano48. Dopo si ritirano nelle loro stanze e Benedetto rimane vigile, pregando alla finestra della torre sopra la sua comunità addormentata. Ad un tratto Benedetto vede «uno sfogo di luce dall'alto che spazzava via le tenebre della notte, splendendo con tale splendore da superare la luce stessa del giorno, pur brillando in mezzo all'oscurità».49 Una visione di luce trionfa sull'oscurità, in cui però l'intera creazione brilla in un raggio di luce divina: «il mondo intero, come raccolto in un unico raggio di sole, fu portato davanti ai suoi occhi ( omnis etiam mundus, velut sub uno solis radio collectus, ante oculos eius adductus est50. E infine, come nella visione precedente dell'ascesa di Scolastica, Benedetto «vide l'anima di Germano, vescovo di Capua, portata in cielo dagli angeli dentro una sfera di fuoco»51. Questa nuova visione, come la precedente, è la rivelazione di un fatto ignorato da tutti: Benedetto viene a conoscenza di entrambe le morti prima che chiunque altro, intorno a lui, ne sia informato. La grande visione notturna del capitolo 35 appare una sorta di completamento dei capitoli 33 e 34, ma questa volta è solo Benedetto a ricoprire il ruolo centrale. Se nella vicenda della tempesta ha avuto la peggio, qui ritrova il suo ruolo preminente.

Il pannello finale ‒ capitoli 36 e 37 ‒ comprende un breve encomio di Benedetto e una descrizione della sua morte, seguita dalla visione di un sentiero splendente di innumerevoli lampade, percorrendo il quale l'anima di Benedetto è salita al cielo52. L’incontro con Scolastica ha posto fine ai suoi segni di potere solo per fargli conoscere meraviglie ancora più alte. Ormai non gli resta che ascendere al cielo in trionfo (c. 37), continuando a splendere sulla terra con la sua regola (c. 36) e con i suoi miracoli (c. 38).

Nei primi 32 capitoli dei  Dialoghi, Benedetto è raffigurato come un homo Dei, il cui rigore ascetico culmina nei poteri della profezia e dei miracoli, ma il suo profilo si va arricchendo allorquando Benedetto non opera più miracoli, ma ha delle visioni, dimostrando come l’anima e la mente umane possono essere plasmate e trasformate nella luce divina. Il luogo interiore che si apre nella contemplazione è l'anima ( anima) o la mente ( mens)53. E cosa accade quando riceve l’agire di Dio? Gregorio spiega che quando l'anima vede anche soltanto un po’ della luce di Dio, la parte più profonda si libera ( laxatur), si espande ( expanditur), si spalanca, si dilata ( ampliatur). Così trasformata dalla contemplazione, essa sta al di sopra del mondo ( superior existat mundo), si alza al di sopra di sé e, guardando verso il mondo, percepisce quanto limitate siano le realtà create rispetto alla luce divina54. Solo la dimensione verticale, gli ideali veri segnano l’effettivo e autentico progredire dell’uomo, chiuso nelle ristrettezze del cogito, nelle nebbie di una distorta autonomia55. Questa visione implica la consapevolezza non solo della radiosità divina, ma anche della luminosità dell'anima: «Alla luce che splendeva esternamente ai suoi occhi corrispondeva nell’intimo una luce spirituale»56. È questa luce che svela all’anima contemplante, rapita nelle realtà superiori ( ad superiora rapuit), quanto siano piccole ( angusta) tutte le realtà del mondo terreno. Alimentata dalla contemplazione, la  lumen mentis percepisce non solo la radiosità della creazione nella luce di Dio, ma anche una «luce interiore nella mente» ( lux interior in mente)57. È quanto accaduto a Benedetto. Anziché operare sulla terra, egli guarda d'ora in poi verso il cielo e verso l'aldilà, preparando così il suo passaggio alla gloria: Benedetto diventa la luce dell’Europa. Del resto, il suo futuro sentiero era stato illuminato da lampade58. L’incontro tra Benedetto e Scolastica gioca, pertanto, un ruolo centrale nella narrazione: segna non solo la fine di quelli che possono essere chiamati i miracoli d'azione del santo, ma anche l'ingresso nella fase finale della vita di Benedetto, quella in cui regnano le visioni gloriose e le conversazioni sull'aldilà.

4. Legami spirituali

Gregorio Magno riferisce che Benedetto ha voluto deporre il corpo della sorella nel sepolcro che aveva preparato per sé a Montecassino. «E così, essendo sempre stati un solo spirito in Dio, neppure i loro corpi furono separati nella sepoltura»59. Si tratta di una trasposizione cristiana del precedente classico narrato, per esempio, da Virgilio nell’ Eneide, allorché Mezenzio chiede al nemico di essere sepolto con Lauso, tema ripreso in seguito da Ovidio nelle Heroides60. L’origine di questo topos è di natura elegiaca e, generalmente, l’unione nella morte si consuma tra due amanti e due sposi61. La ripresa in ambito cristiano viene sfruttata per indicare una κοινωνία spirituale: il “sacro legame” comprende anche quell’amore speciale ed eterno tra fratello e sorella, rafforzato dall’adesione a Dio. Come osserva Gregorio, i loro corpi dovevano condividere un comune luogo di riposo, proprio come nella vita le loro anime erano sempre state una cosa sola in Dio. Nella loro veste di fratelli paradigmatici, Benedetto e Scolastica sono stati celebrati per i loro stretti legami spirituali, sia nella vita sia nella morte. La comunione spirituale inizia sulla terra e trova il suo compimento nel cielo, perché l’amore è più forte della morte. Chi ama nel Signore può e vince tutto: Scolastica lo ha dimostrato perfettamente. Ecco il cuore dell’unione tra i due fratelli: l’amore in Dio.

Notes

[1] Sull’indiscussa attribuzione a Gregorio Magno dei Dialoghi cf. Paul Mayvaert, The Authentic Dialogues of Gregory the Great,  Sacris erudiri, 43 (2004), p. 55-130; Adalbert de Vogüé, Is Gregory the Great the Author of the  Dialogues?,   The American Benedictine Review, 56 (2005), p. 309-314; Matthew Dal Santo, The Shadow of a Doubt? A Note on the  Dialogues and  Registrum Epistolarum of Pope Gregory the Great (590-604),  The Journal of Ecclesiastical History, 61, (2010). 1, p. 3-17.

[2] La figura di Scolastica è presente in due capitoli: Greg. Magn., Dial. 2,33,1-5; 2,34,1-2. Per i Dialoghi di Gregorio Magno si fa riferimento all’edizione con introduzione di Benedetto Calati, traduzione a cura delle Suore Benedettine Isola San Giorgio, note e indici a cura di Attilio Stendardi, Gregorio Magno, Dialoghi (I-IV), vol. IV Opere di Gregorio Magno, Città Nuova Editrice, Roma 2000. I passi in questione sono alle p. 200-205. Su Benedetto cf. Adalbert de Vogüé, Benoît, modèle de vie spirituelle d’après le IIlivre des Dialogues de S. Grégoire, Collectanea Cistercensis, 38 (1976), p. 147-157.

[3] Cf. Pearse Cusack, Saint Scholastica: Myth or Real Person?, Downside Review, 92 (1974), p. 145-159.

[4] Cf. Fiona J. Griffiths, Nuns' Priests' Tales Men and Salvation in Medieval Women's Monastic Life, University of Pennsylvania Press, Philadelphia, 2018, p. 123-125.

[5] Più in generale cf. Cettina Militello, L’amicizia tra asceti e ascete, in Umberto Mattioli (a cura di), La donna nel pensiero cristiano antico, Marietti, Genova, 1992, p. 279-304.

[6] Cf. Greg. Magn., Ep. 1,50 (PL 77, p. 513-514).

[7] Cf. Jane Tibbetts Schulenberg, Forgetful of Their Sex: Female Sanctity and Society ca. 500-1100, University of Chicago Press, Chicago, 1998, p. 283.

[8] Cf. Griffiths, Nuns' Priests' Tales Men and Salvation, p. 125.

[9] Cf. Thomas L. Amos, Monks and Pastoral Care in the Early Middle Ages, in Thomas F.X. Noble-John J. Contreni (eds.),  Religion, Culture, and Society in the Early Middle Ages. Studies in Honor of Richard E. Sullivan, Medieval Institute Publications, Western Michigan University, Kalamazoo, 1987, p. 165-180.

[10] Cf. Griffiths, Nuns' Priests' Tales Men and Salvation, p. 126-128.

[11] Alcuni scrittori – Beda, Paolo Diacono (che ha trascorso il decennio prima della sua morte come monaco a Montecassino), Bertario (abate di Montecassino, 883) e Alberico di Montecassino – hanno composto dei testi per celebrare Scolastica. Un'ulteriore prova del fiorente culto di Scolastica è l'adozione del suo nome da parte delle monache. Nel tardo Medioevo, Scolastica è stata venerata a pieno titolo. Cf. Griffiths, Nuns' Priests' Tales Men and Salvation, p. 126-127.

[12] Cf. Greg. Magn., Dial. 2,33,4 coepit conqueri contristatus, dicens: «Parcat tibi omnipotens Deus, soror. Quid est quod fecisti?». Cui illa respondit: «Ecce te rogavi, et audire me noluisti. Rogavi Dominum meum, et audivit me. Modo ergo, si potes, egredere, et me dimissa ad monasterium recede». Ipse autem exire extra tectum non valens, qui remanere sponte noluit, in loco mansit invitus (ed. Gregorio Magno, Dialoghi [I-IV], vol. IV Opere di Gregorio Magno, cit., p. 202).

[13] Per tutta la storia cf. Greg. Magn., Dial. 2,33,2-4 (ed. Gregorio Magno, Dialoghi [I-IV], vol. IV Opere di Gregorio Magno, cit., p. 200-202).

[14] Cf. Greg. Magn., Dial. 2,33,5 (ed. Gregorio Magno, Dialoghi [I-IV], vol. IV Opere di Gregorio Magno, cit., p. 200-202).

[15] Cf. 1 Gv. 4,16.

[16] Cf. Greg. Magn., Dial. 2,33,1 (ed. Gregorio Magno, Dialoghi [I-IV], vol. IV Opere di Gregorio Magno, cit., p. 200-200).

[17] Cf. 1 Cor. 12,7-9.

[18] Cf. 1 Gv. 4,16.

[19] Cf. Adalbert de Vogüé, La rencontre de Benoît et de Scholastique, Revue d'Histoire de Spiritualité, 48 (1972), p. 257-273, in part. p. 264.

[20] Cf. Lc. 7,47.

[21] Cf. Adalbert de Vogüé, La rencontre de Benoît, p. 265.

[22] Cf. Mt. 26,6-13; Mc. 14,3-9; Gv. 12,1-8.

[23] Cf. Greg. Magn., Hom. in Ev. 2,25; 2,33 (PL 76, p. 1188-1196; 1238-1246).

[24] Cf. Adalbert de Vogüé, The Search for God in Saint Benedict's Rule, in Cistercian Studies Quarterly, 36 (2001), p. 437-446.

[25] Cf. Adalbert de Vogüé, La rencontre de Benoît, p. 266-267.

[26] Cf. Adalbert de Vogüé, Monastic Life and Times of Prayer in Common,  Concilium. International Review of Theology, 142 (1981), p. 72-77.

[27] Cf. Regula Benedicti (RB) 20,2-3 quanto magis Domino Deo universorum cum omni humilitate et puritatis devotione supplicandum est. Et non in multiloquio, sed in puritate cordis et conpunctione lacrimarum nos exaudiri sciamus. Per il testo della Regola si fa riferimento a Salvatore Pricoco (a cura di), La Regola di San Benedetto e le Regole dei Padri, Fondazione Lorenzo Valla, Milano 20003. Il passo in questione è a p. 184.

[28] Cf. Anna Maria Cànopi, Monachesimo benedettino femminile, Abbazia San Benedetto, Seregno 1994.

[29] Cf. RB 43,3 (ed. Salvatore Pricoco [a cura di], La Regola di San Benedetto, cit., p. 216). Cf. anche Hans Rudolf Sennhauser, Nihil operi Dei praeponatur. À propos des premières étapes de la construction des monastères bénédictins, in Michel Lauwers (ed.),  Monastères et espace social: Genèse et transformation d’un système de lieux dans l’Occident médiéval, Turnhout, Brepols 2014, p. 427-433.

[30] Cf. RB 4,21 (ed. Salvatore Pricoco [a cura di], La Regola di San Benedetto, cit., p. 146).

[31] Cf. RB 68,5 (ed. Salvatore Pricoco [a cura di], La Regola di San Benedetto, cit., p. 264).

[32] Cf. RB 4,46 Vitam aeternam omni concupiscentia spiritali desiderare (ed. Salvatore Pricoco [a cura di], La Regola di San Benedetto, cit., p. 146).

[33] Cf. RB 72,8-10 caritatem fraternitatis caste impendant, amore Deum timeant, abbatem suum sincera et humili caritate diligant (ed. Salvatore Pricoco [a cura di], La Regola di San Benedetto, cit., p. 270). Cf. anche RB 7,67-69 monachus mox ad caritatem Dei perveniet […] non iam timore gehennae, sed amore Christi et consuetudine ipsa bona et delectatione virtutum (ed. Salvatore Pricoco [a cura di], La Regola di San Benedetto, cit., p. 164).

[34] Più in generale cf. Basilius Steidle, Dominici scola servitii, Benediktinische Monatsschrift, 28 (1952), p. 397-406.

[35] Cf. Greg. Magn., Dial. 2,34,1 in cella consistens, elevatis in aera oculis, vidit eiusdem sororis suae animam, de eius corpore egressam, in columbae specie caeli secreta penetrare (ed. Gregorio Magno, Dialoghi [I-IV], vol. IV Opere di Gregorio Magno, cit., p. 204).

[36] Cf. George Johnston, The Spirit-Paraclete in the Gospel of John, Cambridge University Press, Cambridge 1970; L. Leander E. Keck, The Spirit and the Dove, New Testament Studies, 17 (1970), p. 41-67.

[37] Cf. Greg. Magn., Dial. 2,34,1 (ed. Gregorio Magno, Dialoghi [I-IV], vol. IV Opere di Gregorio Magno, cit., p. 200-204).

[38] Cf. Adalbert de Vogüé, La rencontre de Benoît, p. 268.

[39] Cf. Greg. Magn., Dial. 2,36,1 in mundo claruit, doctrinae quoque uerbo non mediocriter fulsit. Nam scripsit monachorum regulam discretione praecipuam, sermone luculentam (ed. Gregorio Magno, Dialoghi [I-IV], vol. IV Opere di Gregorio Magno, cit., p. 208).

[40] Cf. Adalbert de Vogüé, La rencontre de Benoît, p. 268-269.

[41] Cf. Greg. Magn., Dial. 2,33,2 (ed. Gregorio Magno, Dialoghi [I-IV], vol. IV Opere di Gregorio Magno, cit., p. 200).

[42] La Vita di Macrina è una breve biografia, una lunga epistola di stile agiografico, in cui le vicende di Macrina sono modellate secondo le concezioni teologiche e spirituali del Nisseno. Successiva all’incontro che ha avuto luogo in concomitanza con il viaggio di Gregorio a Gerusalemme (fine del 380 o nel 381) e menzionato in apertura della biografia, l’opera deve essere stata scritta negli ultimi mesi del 381 o, al massimo, nel 382-383. Per il testo della Vita di Macrina si fa riferimento all’edizione di Pierre Maraval, Grégoire de Nysse, Vie de sainte Macrine, introduction, texte critique, traduction, notes et index, Éditions du Cerf, Sources Chrétiennes (SC) 178, Paris, 1971.

[43] Cf. Greg. Nyss., Vit. Macr. 15; 19 (SC 178, p. 190-195; 200-205).

[44] Cf. Greg. Nyss., Vit. Macr. 22 (SC 178, p. 212) Ταῦτα διεξιούσης ἐγὼ μὲν παρατείνεσθαι πλέον τὸ ἡμερήσιον ἐπόθουν μέτρον, ὡς ἂν μὴ λήξειε καταγλυκαίνουσα ἡμῶν τὴν ἀκοήν.

[45] Cf. Greg. Nyss., Vit. Macr. 21 (SC 178, p. 212) τῆς μὲν φύσεως εἰς σκυθρωπότητα κατὰ τὸ εἰκὸς βαρουμένης διὰ τὸ μηκέτι προσδοκᾶν τῆς τοιαύτης φωνῆς καὶ αὖθις ἀκούσεσθαι.

[46] Cf. Aug., Conf. 9,10,23-26 (CSEL 33, p. 215-218). Si veda anche Fulbert Cayrè, La vision d'Ostie, La Vie spirituelle, 60 (1939), p. 23-38; Vincenza Zangara, La visione di Ostia. Storia dell’indagine e della controversia, Rivista di storia e letteratura religiosa, 15 (1979), p. 63-82.

[47] Cf. Adalbert de Vogüé, Gregory the Great: The Life of Saint Benedict, Hilary Costello & Eoin De Bhaldraithe, trans., St. Bede Publications, Petersham,1993, p. 157-162.

[48] Cf. Greg. Magn., Dial. 2,35,1 (ed. Gregorio Magno, Dialoghi [I-IV], vol. IV Opere di Gregorio Magno, cit., p. 204).

[49] Cf. Greg. Magn., Dial. 2,35,2 vidit fusam lucem desuper cunctas noctis tenebras exfugasse, tantoque splendore clarescere, ut diem vinceret lux illa, quae inter tenebras radiasset (ed. Gregorio Magno, Dialoghi [I-IV], vol. IV Opere di Gregorio Magno, cit., p. 204).

[50] Cf. Greg. Magn., Dial. 2,35,3 omnis etiam mundus, velut sub uno solis radio collectus, ante oculos eius adductus est (ed. Gregorio Magno, Dialoghi [I-IV], vol. IV Opere di Gregorio Magno, cit., p. 204).

[51] Cf. Greg. Magn., Dial. 2,35,3 vidit Germani Capuani episcopi animam in spera ignea ab angelis in caelum ferri (ed. Gregorio Magno, Dialoghi [I-IV], vol. IV Opere di Gregorio Magno, cit., p. 206).

[52] Cf. Greg. Magn., Dial. 2,36-37 (ed. Gregorio Magno, Dialoghi [I-IV], vol. IV Opere di Gregorio Magno, cit., p. 208-210).

[53] Cf. Cuthbert Butler, Western Mysticism: The Teaching of SS. Augustine, Gregory and Bernard on Contemplation and the Contemplative Life, 2nd ed., E.P. Button & Co. Inc., London, 1926, p. 77-80.

[54] Cf. Greg. Magn., Dial. 2,35,6 (ed. Gregorio Magno, Dialoghi [I-IV], vol. IV Opere di Gregorio Magno, cit., p. 206).

[55] Cf. Luke Dysinger,  Beholding Christ in the Other and in the Self: Deification in Benedict of Nursia and Gregory the Great, in Jared Ortiz (ed.), Deification in the Latin Patristic Tradition, The Catholic University of America Press, Washington, D.C., 2019, p. 253-271.

[56] Cf. Greg. Magn., Dial. 2,35,7 In illa ergo luce, quae exterioribus oculis fulsit, lux interior in mente fuit (ed. Gregorio Magno, Dialoghi [I-IV], vol. IV Opere di Gregorio Magno, cit., p. 206).

[57] Cf. Greg. Magn., Dial. 2,35,7 (ed. Gregorio Magno, Dialoghi [I-IV], vol. IV Opere di Gregorio Magno, cit., p. 206).

[58] Cf. Greg. Magn., Dial. 2,37,3 (ed. Gregorio Magno, Dialoghi [I-IV], vol. IV Opere di Gregorio Magno, cit., p. 210).

[59] Cf. Greg. Magn., Dial. 2,34,2 Quo facto contigit, ut quorum mens una semper in Deo fuerat, eorum quoque corpora nec sepultura separaret (ed. Gregorio Magno, Dialoghi [I-IV], vol. IV Opere di Gregorio Magno, cit., p. 204).

[60] Cf. Verg., Aen. 10,905-906; Ov., Her. 11,125-127.

[61] Cf. Prop., El. 2,8,21-24; 4,7,93-94.


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