Il significato della comunione nella vita ecclesiale
Ljubo ZADRIĆ*
• https://doi.org/10.31823/d.32.1.5 • UDK: 27-284-55 • Review Article Received: 14th April 2023 • Accepted: 14th February 2024
Sommario: Partendo dai dati della Sacra Scrittura e attraversando la storia della Chiesa, scopriamo le categorie importanti per la vita ecclesiale, dalle quali derivano anche gli indirizzi e modelli ecclesiologici. Uno di quelli è la comunione che deriva dal mistero fondamentale della fede cattolica: la SS. Trinità, che mediata agli uomini tramite l’incarnazione del Figlio, diventa per la Chiesa l’impegno centrale. Quell’impegno tiene insieme la partecipazione alla vita divina da una e l’edificazione dell’unità tra gli uomini dall’altra parte.
Con questo articolo vorrei mostrare innanzitutto tre aspetti della comunione, cioè l’aspetto teologico, poi quell’ ecclesiologico e infine l’aspetto sacramentale. Tutti e tre hanno le radici nei testi della Sacra Scrittura e dalla Tradizione cattolica sono stati definiti la dimensione significativa per la vita ecclesiale e come tali sono stati riconosciuti anche dal concilio Vaticano II la base dell’ecclesiologia e del futuro della Chiesa. Provo a dimostrare che la comunione era ed è l’impego centrale per la Chiesa cattolica.
Le parole chiavi: comunione; comunione eucaristica; comunione mediata; comune partecipazione; comunione al Concilio; comunione come impegno ecclesiale.
Introduzione
Per quanto riguarda l’origine della Chiesa, analizzando la professione di fede, verifichiamo che il suo nucleo centrale consiste nella professione del Signore risorto. Le prime comunità cristiane, ed in seguito il cristianesimo, assumono la loro forma storica partendo dall’evento fondamentale della fede: la risurrezione. E al centro della formazione delle comunità cristiane, come uno degli elementi costitutivi vediamo la comunione che esprime la natura fondamentale della Chiesa, cioè la sua comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. La Chiesa riceve la missione nel mondo sulla base della professione comune della fede. Così la comunione diventa categoria di base per la professione stessa. A mio avviso è importante, sin dall’inizio sottolineare che la comunione fornisce alla Chiesa i seguenti aspetti significativi che proviamo anche a dimostrare, cioè, l’aspetto teologico, altro ecclesiologico e infine l’aspetto sacramentale.
1. L’origine e originalità del concetto comunione
Per comprendere la natura della Chiesa e la sua missione vorrei approfondire ulteriormente i diversi significati della comunione che emergono dall’utilizzo del termine negli scritti del NT. Esistono due gruppi di vocaboli che descrivono il senso della comunione.
Al primo gruppo appartengono: Echō – possedere, avere; metechō – aver parte; metochē, – partecipazione; metochos – partecipe, partecipante; al secondo gruppo di vocaboli appartengono: koinos – normale, volgare, comune; koinoō – profanare; koinōneō – aver parte, partecipare; koinōnia – comunione, partecipazione; koinōnikos – comunicativo, di utilità comune; koinōnos – compagno, consociato; synkoinōneō – compartecipare1. Il secondo gruppo di vocaboli è più presente nella Sacra Scrittura perché si riferisce alla comunione primordiale tra Dio e uomo. Così tutta la storia umana viene segnata dal forte desiderio di rinnovare la comunione distrutta con il peccato. La comunione con Dio viene compresa nell’ambito della sua azione storico-salvifica. »Riconosciamo due linee dell’importanza teologica della comunione: 1) la comunione con Dio, 2) il mantenimento della comunità nell’ordine conforme al volere di Dio. La comunione traduce il termine ebraico khabar – che vuol dire unire, combinare«2.
Per quanto riguarda l’origine del concetto diviene chiaro che prima del cristianesimo la nozione – comunione – era comunque usata. Ma, in diverse forme, esprimeva principalmente le cose in comunanza. Questo dato conferma che sarà il cristianesimo a dare alla nozione una propria originalità. Perciò il concetto della comunione ha un particolare valore sia nella teologia neotestamentaria che nella vita ecclesiale. Il significato del concetto ed il suo valore per tutta la storia ecclesiale viene spiegato in modo seguente: »La comunità cristiana, che fin dal suo nascere appare in questo mondo come il luogo in cui è possibile vivere l’ideale della koinonia con ‘un cuor solo e un’anima sola’ (Atti 4,32), sta riscoprendo e si sforza di vivere sempre più per testimoniarlo a tutti, in continuità col passato e guardando al futuro compimento, questo suo essere nel mondo il luogo e il segno di quella ‘relazione’ fondamentale che Dio ha comunicato agli uomini in Cristo, redendoli capaci di vivere tra loro come ‘fratelli’ perché ‘figli’ suoi«3.
Questa novità e l’originalità della comunione cristiana sta nel fatto che è una comunione mediata – si parla sempre della comunione con Dio attraverso il Figlio. Questa comunione poi viene concretamente espressa nella vita ecclesiale che è la sua dimensione visibile ed operativa, ed infine viene rappresentata come una relazione. Questa ultima in qualche maniera riassume tutti gli altri aspetti. Perché si tratta del rapporto con Dio per mezzo di Cristo e del rapporto intercomunitario tra i credenti4.
2. La comunione eucaristica – base della Chiesa
Con la trasmissione della fede si trasmette anche il significato della comunione che è un principio fondante dell’identità della Chiesa. L’apostolo Paolo nelle sue lettere sottolinea uno degli aspetti più importanti di questo termine, che è la comunione eucaristica (1Cor 10, 16). Questa comunione al corpo e al sangue di Gesù Cristo »ha il significato di costituire la Chiesa«5. Accanto a questo aspetto teologico della comune partecipazione sottolineato dall’apostolo, che riguarda la partecipazione alla vita divina, emerge anche l’aspetto ecclesiologico, che infatti è la dimostrazione concreta, nella storia, dell’aspetto teologico. »Secondo 1Cor 10,16ss. è la comune partecipazione (koinonia) al corpo e al sangue di Gesù Cristo a dar fondamento all’unità nell’unico corpo di Cristo che è la Chiesa. L’unico corpo eucaristico di Gesù Cristo è il presupposto fondamentale dell’unico corpo ecclesiale di Cristo«6. Insieme, questi due aspetti – teologico ed ecclesiologico – confluiscono poi nell’aspetto sacramentale che descrive la Chiesa come sacramento in e di Cristo (cfr. LG 1).
Il suo significato di fondo è quindi »quello della partecipazione, cioè avere parte a qualcosa, o avere qualcosa in comune o, ancora, agire insieme con qualcuno«7. Certamente non è un semplice radunarsi delle persone che hanno interessi simili, perché il significato della comunione è legato piuttosto alla persona di Gesù Cristo. Perciò la Chiesa non è una associazione di persone, ma il vincolo che le unisce con Dio e tra di loro è il Signore Gesù Cristo. Già qui emerge il significato teologico della comunione che è la partecipazione alla vita divina per mezzo di Cristo e grazie al dono dello Spirito.
L’eucaristia ci rende partecipi del mistero e nello stesso momento crea l’unità tra coloro che celebrando partecipano allo stesso mistero. Così l’ecclesiologia eucaristica esprime l’appartenenza all’unico Corpo di Cristo. Un’appartenenza che ha il carattere comunitario e che definisce l’essenza della Chiesa. »Nella prospettiva dell’ecclesiologia eucaristica, la molteplicità e l’unità si corrispondono nel suo Corpo sacramentale-eucaristico: Il Corpo di Cristo è unico. Non esiste dunque che una Chiesa di Dio. L’identità di un’assemblea eucaristica con le altre dipende dal fatto che tutte, con la stessa fede, celebrano lo stesso memoriale; che tutte mangiando lo stesso corpo e partecipando allo stesso calice divengono il medesimo ed unico corpo del Cristo in cui esse sono state inserite con lo stesso battesimo. Se v’è molteplicità di celebrazioni, non v’è che un solo ed unico mistero celebrato cui si partecipa«8.
3. Paolo sul significato della comunione
Analizzando il concetto della comunione nel NT si può confermare che esso tramanda un modo di vita. Lo stile di vita che hanno sviluppato le prime comunità cristiane attraverso la professione della fede. Se la professione della fede è importante per l’unità e per la tutela della comunione, vediamo che vale anche il contrario. La comunione è importante per la retta professione della fede e per la sua trasmissione. Paolo è stato il primo a riflettere sul contenuto teologico della fede. In qualche modo egli è il fondatore della teologia cristiana. Partendo da questa considerazione è chiaro, e lo abbiamo già accennato, quanto lo stesso apostolo è importante per la comprensione delle nozioni di communio, comunione e comunità.
Paolo dà una definizione della comunione? Esplicitamente no, ma questo concetto è molto importante nella sua teologia. Riportiamo il significato della comunione nel corpo paolino sintetizzato dall’autore Franco così: »La struttura semantica della radice koinon- si fonda quindi teologicamente nel mistero dell’unione personale tra Dio e l’uomo in Gesù Cristo, così come si è rivelata nell’evento della sua incarnazione, morte e risurrezione per noi. Correlata alla persona di Gesù Cristo e alla mediazione dello Spirito Santo, dono del Cristo e del Padre, la radice koinon- permette al cristiano di intuire, cioè di penetrare nella vita stessa di Dio, Padre Figlio e Spirito, partecipe del loro mistero di comunione, e di comprendersi vivendo il mistero della chiesa, sanctorum communio«9.
La comunione segna l’appartenenza del cristiano a Cristo. Il contributo personale nella relazione è importante, ma secondo Paolo la comunione non nasce dal bisogno d’incontrarsi, essa è un dono di Dio. Lo mostra concretamente l’apostolo con la sua vita, toccata e cambiata da Cristo, che è poi completamente data alla comunicazione con gli altri. Grazie a lui e alla sua testimonianza il concetto di comunione viene integrato nel pensiero cristiano. Adesso passo ad esaminare il suo significato nella vita ecclesiale.
4. La Chiesa fondata sulla comunione
Come per la teologia paolina, così anche per la vita ecclesiale la comunione dovrebbe essere di portata centrale. La comunione costituisce la chiave di lettura della sua natura. La natura che viene presentata tra mistero e istituzione. Siamo consapevoli che un solo concetto non basta a descrivere la natura della Chiesa e la vita ecclesiale. Ma con la nozione – comunione – si riesce a dimostrare la sua vera forza, che si fonda nella partecipazione alla vita e alla comunione trinitaria. Questa comunione è annunciata dalla Scrittura, e da lì, la Chiesa prende l’esempio della propria vita. »La vita di chiesa è un’esperienza di comunione fra i credenti, che si svela dotata di radici profonde, costantemente sottolineate dal Nuovo Testamento«10.
La vita ecclesiale è fondata dalla vita e comunione trinitaria, così che, »il Nuovo Testamento vi implica addirittura la natura stessa di Dio, in quel suo carattere di essenziale interna relazionalità, costituito dal fatto che il Dio della rivelazione cristiana è comunione fra persone«11. Questa comunione donata da Dio rivela la stessa comunione divina, che alla condizione umana risulta misteriosa. »La comunione quindi che caratterizza la vita della chiesa è tutta e totalmente derivata da un’altra, più alta e misteriosa, quella delle persone in Dio: il Figlio è mandato a noi dal Padre e lo Spirito ci viene donato, perché noi possiamo essere in comunione con Cristo«12. Così confermiamo che »l’ecclesiologia deve basarsi sulla teologia trinitaria se vuole essere un’ecclesiologia di comunione«13.
La categoria della comunione potrebbe essere il principio che descrive la natura della chiesa e che costituisce il modello da seguire nella vita ecclesiale. Gli indirizzi da seguire sono diversi (soteriologico, cristologico, trinitario, sacramentale), ma in fondo la comunione rivela un mistero e un dono che aspetta di essere compiuto nella vita concreta della chiesa. Da una parte sta il mistero divino al quale vogliamo partecipare e dall’altra parte la dimostrazione storica che per via sacramentale vuol attuare questa comunione nella vita ecclesiale.
»La forma compiuta della communio è la communio sanctorum: partecipazione, in diversi gradi e modi, di ogni singolo battezzato, ai beni della salvezza. La visione soteriologica della chiesa mistero di comunione è ai margini della riflessione teologica contemporanea, intenta a riscoprirne gli aspetti storici e orizzontali, secondo la categoria del popolo di Dio. Di fatto, si tende a distinguere tra communio, come partecipazione alla vita trinitaria, e quindi fondamento della natura ecclesiale, e comunità, cioè la forma concreta di aggregazione che nasce dalla comunione, o più semplicemente l’attuazione storica dell’essenza sacramentale e della natura teologica della chiesa mistero comunionale«14.
5. Vaticano II visto in chiave comunionale
Anche se vi sono diverse interpretazioni che dipendono dal backgraund culturale e dal contesto storico, molti, tra cui per esempio Ciriaco Scanzillo e Medard Kehl, confermano che la teologia della comunione è uno dei frutti più affidabili del concilio. Nell’introduzione al suo commento teologico della Lumen Gentium, Scanzillo, riferendosi al documento della conferenza episcopale italiana: Comunione e comunità, conferma: »La comunione è il tema perenne del mistero della Chiesa e il più pregnante della riflessione conciliare«15. In modo simile anche Kehl afferma che »l’accento decisivo della comprensione conciliare della Chiesa è posto chiaramente sul concetto di »comunione dei fedeli« (lat. Communio o congregatio, gr. koinonia). A buon diritto, perciò, la nozione di communio può essere considerata come l’idea guida ecclesiologica del concilio«16.
Secondo il sinodo dei vescovi di 1985 la chiave di lettura dell’ecclesiologia conciliare nel periodo del dopo concilio è diventata così la categoria della comunione. »L’ecclesiologia di comunione è l’idea centrale e fondamentale nei documenti del concilio. La koinonia/comunione, fondata sulla Sacra Scrittura, è tenuta in grande onore nella chiesa antica e nelle chiese orientali fino ai nostri giorni. Perciò molto è stato fatto dal concilio Vaticano II perché la chiesa come comunione fosse più chiaramente intesa e concretamente tradotta nella vita«17. I percorsi conciliari, e poi anche il percorso post-conciliare, hanno visto una accesa discussione che riguarda il modello e il principio con il quale descriviamo la chiesa. Il periodo post-conciliare ha spostato l’attenzione dalla categoria del Popolo di Dio alla nozione di comunione, che, come abbiamo mostrato poco prima, è diventata il principio ermeneutico dell’ecclesiologia conciliare.
»Pur essendo molte e divaricate le interpretazioni della Lumen Gentium, con accentuazioni ecclesiologiche diversificate (chiesa comunione o chiesa gerarchica, primato petrino o primato collegiale), è prevalsa tra i teologi l’idea di una basicità comunionale attorno alla quale ripensare il volto della chiesa«18. Il Concilio soprattutto con le sue proposte riguardo alla comunione nel campo ecclesiologico afferma la sua autorità per ogni futura composizione ecclesiologica. Giustamente conferma Scognamiglio che »la chiesa quale mistero della comunione, è il sottofondo musicale e la base pentagrammata per ogni futura composizione ecclesiologica dopo il Vaticano II, come ben prevedeva Congar ancora prima di tale Concilio. Possiamo accedere al mistero della chiesa con approcci specifici, ma »l’humus teologico« è la realtà comunionale presente anche nella teologia ortodossa e protestante: la koinonia è l’essenza stessa di Dio, è rinvio al mistero trinitario dal quale l’uomo, il credente e la chiesa provengono, divenendone anche i futuri destinatari«19.
Tutte le affermazioni sulla comunione rinnovata e sviluppata durante il Concilio e nel periodo dopo concilio girano intorno alle tre prospettive: teologica, che sottolinea la comunione degli uomini con Dio; sacramentale, che esprime il modo dell’appartenenza alla Chiesa, che prima di tutto ci parla del battesimo; e per ultima quella eucaristica, che è fonte e culmine di tutta la vita cristiana (cfr. SC 10). Così, principalmente, quando parliamo della comunione deve emergere il dato fondamentale in cui »noi siamo tutti chiamati, mediante la fede e sacramenti, a vivere in pienezza la comunione con Dio«20.
Detto in parole semplici, il concilio Vaticano II tra due ecclesiologie (giuridica e comunionale) ha scelto la seconda, l’ecclesiologia della comunione. Questo non significa che l’ecclesiologia giuridica è completamente assente (per esempio terzo capitolo della Lumen Gentium sulla gerarchia), ma che nella maggioranza dei casi prevale l’ecclesiologia della comunione. »Inoltre la stessa categoria »comunione« non è priva di rapporti abbastanza stretti con le altre categorie ecclesiologiche espresse nella Lumen Gentium, per cui il Popolo di Dio è il soggetto storico della comunione, il corpo di Cristo ne è il fondamento, mentre la categoria mistero-sacramento appare come la concretizzazione storica della communio«21.
Anche se il Concilio non dà una definizione sistematica della Chiesa si può formulare una sua definizione che aiuti a comprendere la sua natura e il suo significato: »Si può certamente costruire una »formula breve« ecclesiologica, che cerchi di rendere ragione tanto alla tradizione ecclesiale come alle nuove prospettive nella comprensione della Chiesa. Vorrei formularla in questi termini: la Chiesa cattolica si comprende come »sacramento della communio di Dio«; in quanto tale essa forma la comunione dei credenti unita dallo Spirito Santo, resa conforme al Figlio, Gesù Cristo, e chiamata con l’intera creazione al regno di Dio Padre, strutturata in modo sinodale e, insieme, gerarchico«22.
La struttura comunitaria (communio) è linea guida per la Chiesa proposta dal concilio Vaticano II. Una guida che teologicamente ricorda la chiesa al suo fondamento nella SS. Trinità, che però per essere coerente e credibile al fondamento stesso deve nelle sue strutture dimostrare questa unità: il mistero della chiesa mostrato nella sua forza interiore che è la comunione, la forza misterica e insieme empirica, quando si riesce a mostrarla concretamente nella vita ecclesiale. Al mio avviso è importante ancora una volta ripetere che la comunione deriva dalla comunione principale, ovvero primordiale che è quella tra le persone divine. E tutti i possibili modelli, i principi e alla fine gli indirizzi nel suo fondamento includono la comunione trinitaria. »In realtà ogni modello ecclesiologico rinvia a più indirizzi ed è sempre comprensivo dell’elemento comunionale; essi non sono in opposizione, ma si ricercano e sono riscontrabili nell’ecclesiologia conciliare, anche se con accentuazioni diverse«23.
La teologia conciliare della comunione sottolinea la prospettiva misterica e trinitaria della chiesa. Questo risulta chiaro quando leggiamo la costituzione dogmatica Lumen Gentium che riflette tanto sul mistero trinitario. »Origine, natura e fine della chiesa hanno qualità trinitarie e il mistero della sua comunione rinvia alla ‘unità’ del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Il concilio ha pensato la chiesa contemplando il mistero della Trinità«24.
Tra altro vediamo il cambiamento nell’ecclesiologia, che prima si basava molto nelle istituzioni e nella società stessa. Così che la chiesa veniva riconosciuta come una Società perfetta. Ma la riscoperta del mistero e del suo significato creano una nuova prospettiva nella vita ecclesiale. »La nuova visione ecclesiologica si viene configurando come un superamento della concezione visibilista e giuridica della Controriforma, nel senso di ‘una riscoperta’ degli elementi soprannaturali e mistici della chiesa, di un nuovo sforzo umile e religioso per considerare in tutta la sua divina profondità il mistero della chiesa«25.
Ma bisogna avvisare anche il limite di questo approccio, cioè, il limite più volte ripetuto è di ridurre la chiesa alla sua pura interiorità. Quindi bisogna confermare il mistero della chiesa ma rendersi conto anche della sua dimostrazione storica. Il recupero della prospettiva cristologica e pneumatologica ricorda il fondamento della chiesa e dà anche la direzione della riscoperta ecclesiologica. Così da una parte il mistero rende la chiesa cosciente della sua identità, mentre dall’altra parte la storia interroga la sua identità. E sarà il concilio Vaticano II a confrontare ambedue le dimensioni, pur evidenziando le categorie del Popolo di Dio, del Corpo di Cristo e della comunione per dimostrare il fondamento e la natura della Chiesa.
La chiesa, fondamentalmente legata a queste categorie, cerca di mostrare la sua origine, la propria forma di esistenza, infine, la destinazione della comunione ecclesiale che deriva dalla comunione trinitaria. »La chiesa voluta dal Padre, è dunque la creatura del Figlio (‘creatura Verbi: creatura della Parola di Dio’), sempre nuovamente vivificata dallo Spirito Santo: essa è veramente ‘l’opera della Santissima Trinità’«26. Dalla sua origine dal Padre, attraverso la sua essenza che riceve dal Figlio e per mezzo dell’azione dello Spirito Santo che la guida, la chiesa è in grado storicamente mostrare la sua origine, il suo essere e la sua destinazione. »La lettura trinitaria della comunione ecclesiale si estende dall’origine al presente della Chiesa: la Trinità si offre come la risposta ricca e inesauribile non solo alla domanda ‘da dove viene la Chiesa?’, ma anche a quella su che cosa sia la Chiesa«27. Che la chiesa sia un mistero è chiaro quando guardiamo la sua dimensione trinitaria. Ma è anche chiaro che essa si può capire anche nella concreta dimostrazione storica ed umana grazie alla comunione che deriva dalla comunione primordiale che è quella trinitaria.
Perciò la vita ecclesiale è testimone del mistero della chiesa. Quanto è difficile descrivere questa iniziativa divina dentro la cornice della vita umana vista in piena luce con le circostanze storiche. Ma vediamo che qualcosa del mistero è leggibile nella vita ecclesiale: »per questo la Chiesa è la comunità di coloro che vivono della comunione vitale e personale con Dio trinitario, una comunione che riflette in termini di fraternità e condivisione l’amore eterno che lega il Padre col Figlio nell’unità dello Spirito«28. La rappresentazione del mistero che contiene le due prospettive: la cristologica e antropologica viene propriamente compiuta in una terza prospettiva, che è quella sacramentale. »La Chiesa è il sacramento della comunione trinitaria, ossia lo spazio storico dove questa comunione viene effettivamente donata e partecipata dagli uomini. In quanto tale essa rende testimonianza alla Trinità divina«29. Così evidenziamo che la comunione è prima di tutto un dono divino, uscito dalla vita comunitaria delle persone divine che però diventa l’impegno della Chiesa.
6. Comunione come centrale impegno ecclesiale
Il tempo della Chiesa sta tra la sua origine e la sua meta, si tratta precisamente di un »frattempo« come lo definisce Bruno Forte. E compito proprio della Chiesa nel tempo, o meglio dire in questo »frattempo«, è di strutturarsi secondo la sua immagine originaria. Cioè edificare la comunione ecclesiale che ha la sua origine nella comunione trinitaria come ho già notato diverse volte in precedenza. »Il compito della chiesa è dunque quello di rendere presente in ogni tempo e di fronte ad ogni situazione l’incontro dello Spirito e della carne, di Dio e degli uomini, quello si è attuato nel Verbo Incarnato«30. Il dono divino ci è rivelato nell’economia della salvezza, con la venuta del Figlio che unisce il divino e l’umano.
Questa visione non è per niente idealistica, ma spetta alla Chiesa di testimoniare gli effetti di questo mistero trinitario nella stessa vita ecclesiale. Questa diventa l’impegno centrale, perché come dice lo stesso Bruno Forte: »la comunità dei discepoli ben conosce la prova, che è soprattutto la presenza della divisione nella fede e perciò la lacerazione della comunione dell’amore, che da essa nasce. Come la comunione esiste sin dall’inizio (cfr. 1Gv 1,1ss), così sin dall’inizio esiste la divisione«31. Per questa ragione la comunione diventa vero impegno ecclesiale. Essa è prima di tutto un dono presente dall’inizio, ma poi anche il compito da instaurare sempre nella vita ecclesiale. »Che la Chiesa sia in sé stessa Comunione significa che Dio la costituisce come una comunità di uomini che sono uniti prima di tutto con Lui e, per questo, anche tra loro. La comunione è innanzitutto dono di grazia e poi anche compito«32. L’azione determinante la vediamo nel dono dello Spirito che spinge i singoli e la chiesa intera alla missione. Giustamente afferma Bruno Forte: »se tutti hanno ricevuto lo Spirito, tutti devono comunicarlo, impegnandosi in modo corresponsabile con gli altri per la crescita della chiesa nella comunione e nel servizio«33.
È chiaro che la comunione che deriva dalla Trinità è un mistero. È la forza interiore della Chiesa che diventa la dimostrazione storico-empirica quando si mette in pratica nella vita ecclesiale. Il mistero rimane sempre il mistero da adorare, ma in secondo momento diventa anche l’impegno da compire. Perciò »a nulla giova, infatti, per la comprensione della Chiesa, il discorso sulla grazia della comunione fino a che non si veda come la grazia interiore e nascosta della comunione prende corpo in una rete relazionale umana empiricamente osservabile«34.
La dimostrazione vera della comunione si trova nella vita sacramentale della chiesa. Questa è uno dei tre livelli della comunione, come ho notato all’inizio e che concretamente mostra la presenza del mistero nella vita quotidiana della Chiesa. Il battesimo e l’eucaristia, come indica la lunga tradizione e ripete il Vaticano II che si pone in questa continuità, sono i segni concreti della comunione, sia orizzontale che verticale della Chiesa. »Questa comunione si ha nella parola di Dio e nei sacramenti. Il battesimo è la porta e il fondamento della comunione della chiesa. L’eucaristia è la fonte e il culmine di tutta la vita cristiana. La comunione del corpo eucaristico di Cristo significa e produce, cioè edifica, l’intima comunione di tutti i fedeli nel corpo di Cristo che è la chiesa«35.
Accanto al battesimo e all’eucaristia aggiungiamo un terzo principio che concretamente mostra la realizzazione storico-empirica della comunione, che sarebbe l’annuncio della Parola. »Ciò che fa la chiesa è l’annuncio che Gesù è risorto ed è Signore e l’accoglimento di questo annuncio, manifestato nella condivisione della professione della fede. Infatti, da questo atto comunicativo nasce quel fondamentale rapporto comunionale fra i credenti che costituisce la base dell’esistenza ecclesiale«36.
Nell’intreccio fra comunità che annuncia e annuncio che fa la comunità vediamo l’essenza che questo modello mostra e propone alla vita ecclesiale. Attraverso tale modello si crea la comunione tra credenti e anche la comunione con Dio che diventa la vera forza dell’attività esterna della chiesa. L’aspetto kerygmatico è accompagnato dalla dimensione comunitaria, così che questo modello crea »un’ecclesiologia dell’annuncio per la comunione e una comunione dall’annuncio, nata da un’esperienza, dall’incontro di due eventi annunciati: il testimone e l’ascoltatore, come bene evidenzia il prologo della Prima lettera di Giovanni«37. E vediamo che attraverso l’annuncio i credenti possono giungere al valore profondo della loro fede, che è l’incontro personale con il Signore risorto.
Con le sue due dimensioni, l’annuncio e la comunione, questo modello è testimone della natura della Chiesa lungo la storia. Afferma giustamente Dianich che »fra la chiesa e la storia sta così il principio dinamico dell’annuncio, capace di spiegare il carattere storico e, allo stesso tempo, il carattere misterico della chiesa, senza il quale essa resterebbe ignota nella sua dimensione autentica«38. Quel modello proposto da Severino Dianich anima il compito centrale della Chiesa: professare il Signore risorto e proclamare la sua verità sempre e ovunque. Così che questa professione e comunicazione fanno nascere la comunione ecclesiale che però precede l’atto narrativo della fede.
Analizzando brevemente il modello kerygmatico abbiamo visto come esso include le due dimensioni fondamentali della missione della chiesa: l’annuncio e la comunione. Quelle non sono solo le fondamenta della missione, ma anche i concetti costitutivi che descrivono il mistero della chiesa. In prima linea la sua vera forza interiore vista nel concetto della comunione. La comunione che edifica la Chiesa e che nella vita ecclesiale diventa la ragione del servizio.
Conclusione
La risurrezione è l’elemento costitutivo della fede cristiana, attorno al quale si è formata la professione della fede. La comunione e la partecipazione alla vita divina è il fondamento della comunione della Chiesa. E da questa forma di vita nascono sempre relazioni nuove tra le persone che, comunicando, professano la propria fede. Emerge chiaramente dalle testimonianze bibliche che Cristo è l’unico punto del riferimento. Così quando i discepoli professavano che Gesù è Figlio di Dio/Signore/Messia-Cristo dicevano la Sua, ma anche la loro essenza. Da questa sostanza della professione della fede ho focalizzato l’importanza della comunione per la vita della Chiesa, il quale diventa principio fondante della sua identità.
Pensiamo principalmente alla comunione e partecipazione alla vita divina dalla quale deriva e si crea la comunione tra gli uomini. Partendo dall’esempio biblico, quello dell’apostolo Paolo, abbiamo visto che la comunione è di importanza centrale per la vita della Chiesa. E sin dall’inizio il compito centrale della Chiesa è quello di tutelare la comunione donata, che non vuol dire solo salvaguardarla, essendo necessario anche metterla in pratica nella vita concreta.
Al centro della comunione ecclesiale l’apostolo Paolo ha messo l’eucaristia (cfr. 1Cor 10,16ss). In essa riconosciamo tutto il valore misterico donato alla Chiesa. Perciò l’originalità della comunione cristiana non risiede solamente nell’ideale della condivisione dei beni, ma prima di tutto nella comunione mediata – la comunione con Dio per mezzo del suo Figlio. Quello della comunione in un certo qual modo rimane sempre un mistero, ma è anche un compito da realizzare. Perciò la comunione si presenta come l’impegno centrale della Chiesa.
Značenje zajedništva u crkvenom životu
39Ljubo ZADRIĆ*
Sažetak: Polazeći od činjenica iz Svetoga pisma i promatrajući povijest Crkve, u prilici smo otkriti važne kategorije za život Crkve iz kojih potom izviru i različiti ekleziološki modeli. Jedna od tih kategorija svakako je zajedništvo (communio) koje proizlazi iz središnjega otajstva kršćanstva i teološki se u njemu ogleda: Presveto Trojstvo, čije je zajedništvo posredništvom Isusa Krista i otajstvom Utjelovljena postalo središnja crkvena tema i istodobno njezino osnovno poslanje. Njime ostvaruje dvije temeljne odrednice, sudjelovanje na božanskom životu i na izgradnji jedinstva među ljudima.
Cilj je ovoga članka prikazati tri bitna svojstva zajedništva, najprije teološko obilježje, potom ekleziološku vrijednost i najzad sakramentalno svojstvo zajedništva. Sva tri korijen pronalaze u tekstovima Svetoga pisma i u crkvenoj tradiciji, stoga je temu zajedništva (communio) i Drugi vatikanski sabor prepoznao kao iznimno važnu dimenziju crkvenoga života i, još uže, označena je temeljom ekleziologije i u budućnosti. Pokušat ćemo približiti osnovna obilježja zajedništva koje je bilo i ostaje središnja tema i izazov crkvenoga života.
Ključne riječi: zajedništvo; euharistijsko zajedništvo; posredovanje zajedništva; uzajamno sudjelovanje; zajedništvo na Drugom vatikanskom saboru; crkvena zauzetost za jedinstvo.