Tossicodipendenza e capacità al matrimonio canonico
Slavko ZEC*
• https://doi.org/10.31823/d.32.1.6 • UDK: 348:613.73 *364.27 • Review Article Received: 9th September 2023 • Accepted: 19th September 2023
Riassunto: La tossicodipendenza senz’altro appartiene ai fenomeni più diffusi tra gli uomini e diverse culture nell’età contemporanea. Purtroppo spesso sono i giovani a cadere in questa dipendenza da sostanze psicoattive per vari motivi. Il percorso può svilupparsi dall’iniziale curiosità fino alle gravissime forme di attaccamento alla droga. Le conseguenze possono essere devastanti per una giovane persona alle soglie di vita. Nel presente lavoro ci occupiamo di questo problema ma sotto un profilo specifico: la tossicodipendenza e la capacità a contrarre un valido matrimonio canonico. Il metodo dovrà essere tale da dover consultare le scienze umane, psicologia e psichiatria, per poi procedere con applicazione sul campo del diritto canonico e relativa giurisprudenza. Si cerca di spiegare i termini elementari quali la stessa tossicodipendenza, tossicomania, dipendenza, astinenza, sostanza psicoattiva. Si offre una possibile divisione delle droghe in vari gruppi secondo gli effetti che producono e il loro influsso sul sistema nervoso centrale.
Si procede poi nel campo di diritto canonico col mettere in confronto la tossicodipendenza e capacità o incapacità naturale al consenso matrimoniale riguardo al can. 1095 del Codice di Diritto Canonico del 1983 che dispone sull’mancato uso di ragione (n. 1), sul grave difetto di discrezione di giudizio (n. 2) e sull’incapacità di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio per causa di natura psichica (n. 3).
Ci serviamo di alcuni esempi della giurisprudenza della Rota Romana e riportiamo alcune sentenze in tema di tossicodipendenza per descrivere in linee generali lo sviluppo della giurisprudenza rotale. In base a tale studio proponiamo alla fine alcune considerazioni conclusive prendendo in considerazione anche la riforma di processi matrimoniali per la dichiarazione della nullità di matrimonio operata da papa Francesco nel 2015.
Parole chiavi: tossicodipendenza; intossicazione; sostanza psicoattiva; struttura psichica umana; libertà essenziale; (in)capacità matrimoniale; giurisprudenza rotale.
Introduzione: un tossicodipendente davanti al matrimonio canonico?
Il fenomeno delle tossicodipendenze si è diffuso enormemente negli ultimi decenni, cosicché ha suscitato un notevole interesse, trattato da diversi punti di vista: politico, economico, sociale, giuridico-penale (civile), medico (neurofisiologico, psicoterapeutico, ecc.). Nonostante tutti gli sforzi, compiuti per prevenire o diminuire il problema, la tossicodipendenza resta ancora lungi da essere risolto. Le sostanze psicoattive (in gergo: »droghe«) e la dipendenza sono la causa di notevoli difficoltà sia per i singoli che per le intere famiglie, ma la popolazione al più alto rischio sono i giovani, alle soglie della vita.
Il problema delle tossicodipendenze sale piuttosto negli anni settanta dell’secolo scorso. Per esempio, ancora trenta anni fa il settimanale cattolico Glas Koncila (La voce del Concilio) ha portato una notizia sconcertante: Cresce il numero dei tossicodipendenti! Allora si potevano leggere dati che si erano registrati 80.000 tossicodipendenti, in età tra i 14 e i 21 anni1. Nello stesso tempo prendendo in considerazione che nella Croazia sono oltre il 75 % cattolici, non si può evitare la domanda, a prima vista semplice, ma in essenza molto complicata che potrebbe recitare così: è possibile che un così gran numero di giovani avrà presto serie difficoltà di contrarre il valido matrimonio canonico? Nonostante il diritto naturale al matrimonio, tutti questi giovani saranno, forse, incapaci a contrarre il matrimonio cristiano, a causa della tossicodipendenza? Senz’altro si tratta di un argomento che è molto complesso da trattare. Quindi ci sono vari motivi per cui ci sembra giusto offrire un contributo alla questione della tossicodipendenza, dal punto di vista canonico-giurisprudenziale. La Chiesa, del resto, riflettendo nel Concilio Vaticano II sull’educazione religiosa, non ha esitato ad affermare: »La santa madre Chiesa, nell’adempimento del mandato ricevuto dal suo divin Fondatore [...] ha il dovere di occuparsi dell’intera vita dell’uomo, anche di quella terrena, in quanto connessa con la vocazione soprannaturale«2. A tale dovere cerca di rispondere anche il presente studio. L’argomento che verrà trattato può quindi essere formulato: la tossicodipendenza e la capacità al matrimonio.
1. La nozione della tossicodipendenza e tossicomania
Prendiamo quindi in considerazione la tossicodipendenza come fenomeno di interesse psicologico e psichiatrico. La stessa dicitura »tossicodipendenza« ci indica la trattazione in due principali direzioni: da una parte il problema della dipendenza, e dall’altra, le sostanze psicoattive che ne sono la causa (sostanze dipendogene). Si apre, così, il primo punto da chiarire, che è quello terminologico, cioè i termini e le definizioni nel campo della tossicodipendenza, partendo dallo stesso concetto »tossicodipendenza«, per proseguire con la nozione del »tossicodipendente« e della »sostanza psicoattiva«. Una particolare attenzione si è prestata poi alla distinzione tra la dipendenza fisica e psichica, nonché alla tolleranza e sindrome di astinenza. La classificazione e i disturbi mentali, correlati all’assunzione di sostanze psicoattive, sono due momenti che riteniamo particolarmente rilevanti, riguardo all’applicazione della tossicodipendenza nel campo canonico-giurisprudenziale.
Si verifica infatti che finora non esiste una terminologia completa e unanimemente accettata. Alcuni autori preferiscono usare il termine »tossicomania«, per indicare la compulsiva sottomissione o attaccamento all’azione psico-chimica della sostanza (che corrisponde al comportamento tossicomane). L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha raccomandato (1964)3, per conservare una minima unicità terminologica, l’uso del termine »tossicodipendenza« (in inglese »Drug dependence«), e ha proposto (1969) anche la rispettiva definizione di tossicodipendenza, il cui significato principale si riferisce ad uno stato psichico, e talvolta anche fisico, come risultato dell’interazione tra un organismo vivente e una sostanza psicoattiva.
Il Comitato del World Health Organization (WHO) ha proposto nel 1969 la seguente definizione della tossicodipendenza; essa è »uno stato psichico e talvolta anche fisico, risultante dell’interazione tra un organismo vivente e una sostanza, caratterizzato da un comportamento e da altre risposte che sempre comprendono una compulsione di prendere la sostanza su base continuativa o periodica ai fini di sperimentarne gli effetti psichici, e talvolta per alleviare il disagio della sua privazione. La tolleranza può essere presente o meno. Un individuo può essere dipendente da più di una sostanza«4.
Questa definizione, ritenuta tuttora valida, mette in risalto alcuni punti fondamentali, per poter meglio comprendere lo stesso termine della tossicodipendenza: l’accento è posto sullo stato psichico, non escludendo quello fisico5; è uno stato risultante dall’interazione tra un organismo vivente e una sostanza; lo stato psichico e, talvolta, fisico, indotto dall’assunzione di droghe, comporta le modifiche di comportamento ed altre reazioni; nello stato di dipendenza dalla droga c’è sempre una pulsione a prendere la sostanza, in maniera continua oppure periodica; lo scopo di una ricerca ripetuta della sostanza è quello di ritrovare i suoi effetti psichici ed evitare il disagio della privazione.
Il termine »tossicodipendenza« e la corrispondente definizione dell’OMS comprendeva contenuti delle precedenti nozioni, e venne accolta ed ulteriormente illustrata da altri esperti. L’American Psychiatric Association, nell’anno 1980, ha proposto la seguente descrizione del termine »Drug dependence«: Abitudine a, abuso di, e/o dipendenza da una sostanza chimica. A causa di un estremo desiderio psichico, la vita del tossicodipendente viene prevalentemente dominata dal bisogno per l’effetto specifico di uno o più agenti chimici sull’umore o sullo stato di coscienza. Perciò il termine comprende non solo la dipendenza–mania (»addiction«, che mette in rilievo la dipendenza fisica), ma anche l’abuso delle sostanze (dove il desiderio patologico delle sostanze sembra non correlato a dipendenza fisica)6.
La dipendenza quindi riguarda un comportamento dominato da una compulsione di prendere la sostanza su base continuativa o periodica. Lo scopo dell’assunzione delle sostanze è quello di sperimentarne gli effetti psichici, e talvolta per alleviare il disagio della sua privazione. Il disagio della privazione è causato dalla tolleranza, per cui il soggetto è costretto ad aumentare la dose per raggiungere lo stesso effetto. Se l’assuntore smette bruscamente l’assunzione o riduce significativamente la dose usata, insorge la sindrome di astinenza, accompagnata con sintomi psichici e neurofisiologici. Un individuo può essere dipendente da più di una sostanza. Questo fenomeno è conosciuto come »politossicodipendenza«.
In termini di gravità, è importante e utile distinguere tra la dipendenza fisica e quella psichica.7
La dipendenza fisica porta ad un adattamento biologico riguardo ad una sostanza psicoattiva, arrivando alla modificazione del metabolismo, sicché l’organismo umano non può funzionare regolarmente senza la sostanza chimica. L’assunzione costante e duratura produce un impulso incontrollabile, fino a rendere quasi impossibile il distacco dalla sostanza. Per questo, la caratteristica della dipendenza fisica è la sindrome da astinenza. Gli oppiacei (l’oppio e i suoi derivati) e i depressanti del sistema nervoso centrale (per esempio i barbiturici) sono, in genere, le sostanze di alta capacità fisicamente dipendogena.
La dipendenza psichica consiste in un bisogno pressante e insopportabile, ovviamente di natura psichica, di assumere la sostanza per riottenere il benessere dell’organismo, sperimentare di nuovo gli effetti psichici e per evitare contemporaneamente la sofferenza della privazione. Non è meno tenace della dipendenza fisica, ma la prognosi e il trattamento sono più facili e con esito migliore. Le sostanze più conosciute per la capacità di produrre la dipendenza psichica sono: i cannabici (marijuana, hashish), la cocaina, le amfetamine, gli allucinogeni e psicofarmaci tranquillanti.
È evidente che il tipo della sostanza psicoattiva abusata è uno dei fattori determinanti della dipendenza. Riguardo all’intensità dell’azione sul sistema nervoso centrale e, di conseguenza, alla gravità degli effetti indotti, si distinguono, di solito, le droghe maggiori (»hard drugs«) e le droghe minori (»soft drugs«). Le distinzioni tra droghe maggiori e droghe minori hanno piuttosto un valore pratico ed orientativo, in quanto forniscono una prima conoscenza per distinguere bene tra le varie sostanze psicoattive. Così è possibile opportunamente evitare disconoscenze, vale a dire, attribuire lo stesso grado di nocività a tutte le sostanze. Una simile gerarchizzazione tra molteplici sostanze, ci può rendere cauti da semplicistiche affermazioni, come per esempio che l’uso delle droghe maggiori o pesanti sia sempre il risultato di una iniziale somministrazione di quelle minori o leggere. Un soggetto infatti può essere iniziato nella tossicodipendenza somministrandosi dal primo momento la droga pesante8. Alcuni autori ritengono un passaggio obbligato dalle droghe leggere a quelle pesanti, soltanto nel caso della presenza di una personalità premorbosa, insieme ad una notevole pressione sociopsichica9.
Si deve aggiungere, però, che l’azione di una sostanza non dipende soltanto dalla struttura chimica, ma anche da altri fattori: modo, tempo e luogo di somministrazione, le condizioni psichiche e fisiche del consumatore. Conoscere varie frequenze dell’assunzione, con rispettivi tipi degli assuntori, contribuisce alla valutazione canonico-giurisprudenziale della tossicodipendenza. Occorre distinguere tra l’assunzione sporadica, periodica e costante, con diversi effetti sulle condizioni psicofisiche del dipendente e la diversa gravità della dipendenza. Così per l’assunzione sporadica è più propria la denominazione »tossicofilia«, mentre la »tossicodipendenza« è riservata per l’uso continuato e costante di una sostanza tossica.
Un altro punto molto discusso tra gli autori, ancora non concluso, è la questione etiologica delle tossicodipendenze, concernente la difficile domanda: per quali motivi un individuo diventa tossicodipendente? Ci sono varie teorie etiopatogenetiche, di cui le principali sono: le teorie psicofarmacologiche, psicopatologiche, psicoanalitiche (o psicodinamiche), psicoesistenzialistiche e sociologiche. Però ciascuna di esse offre soltanto una risposta parziale alla questione etiologica. Una soluzione definitiva e generale non può esserci, per semplice ragione della molteplicità delle cause, responsabili della tossicodipendenza. Si può affermare con certezza che in ogni tossicodipendenza sono coinvolti tre elementi principali: a) l’individuo che cede all’attrazione degli effetti, indotti da sostanze psicoattive; b) la stessa sostanza dipendogena, con le proprie caratteristiche chimico-farmacologiche; c) la società, cioè lo sfondo sociale, o l’ambiente circostante al soggetto, in cui avviene l’iniziazione e il primo abuso della droga. La questione etiologica entra a far parte del percorso della tossicodipendenza, che si dovrà chiarire nell’ambito giurisprudenziale.
2. La classificazione delle sostanze psicoattive (droghe) ed effetti d’assunzione
Come la questione etiologica, anche la classificazione delle sostanze psicoattive conosce dei limiti, e vari tentativi per tale classifica. Alla luce dei fini specifici del nostro lavoro, ci è sembrato più utile e opportuno classificare le sostanze in base all’origine e agli effetti.
In base all’origine, le sostanze si possono dividere in: naturali e sintetiche (o artificiali).
In base agli effetti (o, più precisamente, all’effetto principale), viene riconosciuta e comunemente accettata la classificazione, proposta dai neuropsichiatri francesi, J. Delay e P. Deniker (1957)10, che divide le sostanze in tre gruppi principali:
1) Le sostanze deprimenti l’attività del sistema nervoso centrale: oppiacei (oppio, morfina, eroina), barbiturici, psicofarmaci sedativo-ipnotici, bromuri;
2) Le stimolanti l’attività del sistema nervoso centrale: amfetamine, cocaina, caffeina e nicotina;
3) Le sostanze perturbatrici dell’attività del sistema nervoso centrale: allucinogeni, cannabici (marijuana, hashish), solventi volatili, inalanti.
Per poter esaminare e valutare la capacità canonico-giuridica del tossicodipendente, la più importante è la conoscenza dei disturbi, cioè degli effetti di sostanze psicoattive, che, per mezzo del loro influsso sul sistema nervoso centrale, determinano le condizioni psicofisiche del contraente. Il Manuale diagnostico e statistico (DSM-5-TR)11, quinta edizione, testo revisionato (2023), edito dall’American Psychiatric Association, come anche L’Undicesima revisione della classificazione internazionale delle malattie (ICD-11)12, edita sotto gli auspici dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 2022, è un autorevole e valido mezzo tecnico in questo campo nonostante le differenze tra due sistemi diagnostici13.
Il DSM-V-TR distingue tra disturbi da uso e disturbi indotti da sostanze psicoattive. I disturbi da uso sono la dipendenza e l’abuso14. I disturbi, indotti da sostanze, interessano singole classi, dentro cui si differenziano le determinate sostanze, con la propria e specifica azione psicoattiva sul sistema nervoso centrale dell’assuntore. Tali disturbi psichici si dividono complessivamente in: intossicazione ed astinenza, delirium, demenza persistente, disturbo amnestico, disturbo psicotico, disturbo di umore, disturbo d’ansia, disfunzione sessuale e disturbo del sonno15. L’intossicazione e l’astinenza sono i disturbi più comuni, mentre altri disturbi mentali sono indotti da singoli tipi di sostanze.
3. Tossicodipendenza e incapacità matrimoniale riguardo al can. 1095
L’argomento, appena menzionato, costituisce dunque l’oggetto principale e, possiamo dire, il filo conduttore di questo studio. Si pone, infatti, la questione fondamentale che cerchiamo di risolvere: Quando e come la tossicodipendenza può e deve essere considerata come la radice dell’incapacità al consenso matrimoniale? Siccome nel vigente Codice del 1983 non troviamo un esplicito riferimento alla tossicodipendenza come tale, essa sarà esaminata in stretta connessione col can. 1095, che tratta l’incapacità, naturale e canonica, a contrarre il matrimonio. Ci siamo limitati quindi al canone citato e all’incapacità, che può sorgere a causa della tossicodipendenza, secondo le tre fattispecie, previste nel can. 1095, 1º-3º, lasciando invece da parte gli altri aspetti, come per esempio la possibile connessione della tossicodipendenza con error/dolus (can. 1098)16, dove si presuppone, invece, la capacità del tossicodipendente al matrimonio, ma l’invalidità del matrimonio si cerca piuttosto nell’errore doloso. Nel presente lavoro si tratta proprio di esaminare lo stesso fatto della tossicodipendenza e l’influsso delle sostanze psicoattive sulla capacità al matrimonio, mettendo in rilievo i casi in cui tale influsso può rendere il contraente incapace al matrimonio.
Un altro limite di questo studio riguarda le classi di sostanze, prese in esame, di cui si è escluso l’alcool. È evidente che anche l’alcool entra a far parte delle classi di sostanze con azione psicoattiva sul sistema nervoso centrale. La limitazione alle altre sostanze, comunemente dette »droghe«, riguarda però il tipo diverso (nel senso clinico-nosologico) e il processo della dipendenza da alcool e da altre droghe, come anche uno sviluppo proprio nella trattazione canonico-giurisprudenziale17. La principale differenza riguarda la tolleranza: mentre nella dipendenza da droghe convenzionali si nota frequentemente l’aumento della dose, gli alcol-dipendenti, anche inveterati, dimostrano la tendenza a ridurre la dose, o a mantenere la stessa, per cui sono molto rari i sintomi clinici, collegati generalmente allo svezzamento dalle droghe convenzionali, in senso stretto.
Per la stessa natura dell’argomento, si deve – almeno in parte – seguire il metodo interdisciplinare, in quanto appare necessario consultare le scienze umane (psicologia e psichiatria), allo stato attuale delle ricerche scientifiche, per capire correttamente, per quanto possibile, il complesso fenomeno della tossicodipendenza con tutte le sue applicazioni e conseguenze. Se pensi innanzitutto sul complesso meccanismo di psiche umana e li processo di portare una decisione responsabile proprio qual è quella di contrarre il matrimonio sacramento, con le sue proprietà essenziali (unità e indissolubilità), con i suoi fini (bene mutuo dei coniugi, generazione ed educazione della prole) e beni (della fedeltà, della prole, del sacramento), e tutto ciò che praticamente costituisce l’essenza stessa del matrimonio canonico. In ogni singolo caso si dovrà infatti vedere se l’uso di sostanze stupefacenti possa configurarsi come patologia neuro-psichica incidente sulla capacità di intendere e di volere e quindi sul consenso matrimoniale canonico.
A partire dalla fine degli anni settanta del secolo scorso, infatti, la dottrina e giurisprudenza canonistiche, avvalendosi di sempre più approfondite conoscenze nel campo della psicopatologia, hanno affrontato in modo meticoloso le tematiche inerenti alla valutazione giuridica dell’atto umano di volontà che costituisce il consenso matrimoniale, analizzando tra l’altro i turbamenti che possono distruggere totalmente la libertà di scelta o diminuirla in vario grado, e quindi esaminando in particolare nell’ambito dei perturbamenti nella funzionalità dell’intelletto e della volontà più o meno gravi quelli indotti da abuso di alcool e droghe18. È incontestabile, d’altra parte, che la moderna indagine psichiatrica e psicologica permette una migliore e più precisa conoscenza delle complesse perturbazioni e delle cause connesse che vanno a incidere, a volte, nella libera determinazione dell’atto volitivo per la presentazione del consenso matrimoniale, che dev’essere valido per produrre il matrimonio come sacramento, ma anche come fatto giuridico.
La tossicodipendenza ha il suo influsso sulle capacità richieste dal can. 1095 per emettere un valido consenso matrimoniale canonico. In caso contrario si potrebbe parlare di una certa incapacità psichica che rende il soggetto naturalmente inabile a costituire un valido matrimonio. In questo punto troviamo la congiunzione tra la normativa, contenuta nel can. 1095 e il fenomeno della tossicodipendenza. È necessario quindi fermarsi sullo stesso contenuto del can. 1095 che la materia in questione sancisce in seguente modo:
»Sono incapaci a contrarre matrimonio:
1º coloro che mancano di sufficiente uso di ragione;
2º coloro che difettano gravemente di discrezione di giudizio circa i diritti e i doveri
matrimoniali essenziali da dare e accettare reciprocamente;
3º coloro che per cause di natura psichica, non possono assumere gli obblighi essenziali del matrimonio.«
Su ciascuna di queste tre incapacità è necessario soffermarci distintamente19.
3.1. Insufficiente uso di ragione (can. 1095, 1°)
È indubbio che il primo numero del can. 1095 si riferisce, in primo luogo, alla malattia mentale o a un grave turbamento psichico.
Quando si parla di malattia o di turbamento non ci si riferisce unicamente a quei disturbi psichici che intaccano la facoltà intellettiva, ma si intendono quelle anomalie che, lasciando inalterata tale facoltà, influiscono tuttavia gravemente sulla facoltà volitiva togliendo alla persona la responsabilità dei propri atti20.
L’interesse maggiore del numero in esame, come ha posto giustamente in evidenza l’Ardito, sta nella determinazione legislativa che deve trattarsi di uso di ragione non sufficiente in modo che per la suddetta incapacità non è richiesta una mancanza totale dell’uso di ragione, alla maniera delle precipue cause tradizionalmente annoverate sotto questo vizio: le malattie mentali vere e proprie. Anzi, prospetta una gamma di cause più ampia, di cui dà un criterio di valutazione chiaramente morale e relativo.
Nel condividere conclusioni dell’Ardito possiamo ribadire la incontestabilità del fatto che, per stabilire nei casi concreti il grado di »non sufficienza«, oltre lo stato mentale del soggetto, si dovrà considerare anche la peculiare natura del matrimonio stesso secondo la rinnovata visione conciliare e canonica – una comunità di tutta la vita, con specifiche finalità personali e sociali, da Cristo costituita sacramento del suo amore per la Chiesa (cfr. can. 1055 § 1) – e insieme il diritto nativo di ogni uomo al matrimonio21.
3.2. Grave difetto di discrezione di giudizio (can. 1095, 2°)
Il numero 2° del canone 1095 stabilisce l’incapacità a contrarre da parte di coloro i quali presentano un grave difetto di discrezione di giudizio circa i diritti e doveri essenziali del matrimonio.
Sarebbe in realtà contrario al sentimento comune e a ogni principio di giustizia, evidenzia Pompedda, il ritenere capace di contrarre matrimonio un qualsiasi individuo che abbia soltanto raggiunto quel l’uso di ragione normalmente sufficiente nelle cose ordinarie della vita, e non sia invece tanto maturo da valutare che cosa comporti il matrimonio e le conseguenti obbligazioni essenziali di esso, e ciò con una adeguata presa di coscienza dell’incidenza di tali diritti e doveri sulla propria esistenza22.
Con la discrezione di giudizio, afferma la Fumagalli Carulli, il nubente proietta la propria volontà e il proprio intelletto nel futuro, cioè sul vincolo e sui doveri coniugali che derivano dal contratto matrimoniale. Si deve fare quindi riferimento agli effetti del matrimonio, che ne compongono la sostanza23.
In realtà pare non contestabile il fatto che il consenso matrimoniale riguarda obbligazioni che si proiettano nel futuro, ed è ordinato all’assunzione di uno stato di vita che incide su tutta l’esistenza con un patto perpetuo e irrescindibile che comporta una serie di gravi obblighi a esso inerenti.
Per dare un valido consenso, non è sufficiente il grado di ragione col quale speculativamente uno sappia che cosa è il matrimonio; è necessaria una maturità di giudizio capace di ponderare in concreto i doveri e i diritti che uno deve assumersi per tutta la vita24.
La giurisprudenza in tal senso parla di una discrezione di giudizio proporzionata alla sostanza di matrimonio o, il che è lo stesso, di una facoltà critica idonea a permettere al soggetto di formulare un giudizio pratico con cui il medesimo raffronta i doveri matrimoniali con la propria situazione concreta e valuta se sia conveniente per lui assumerli per tutta la vita25.
3.3. Impossibilità di assumere gli obblighi (can. 1095, 3°)
La terza ipotesi di incapacità enunciata dal can. 1095 non riguarda il consenso in sé considerato né il soggetto del consenso, ma l’oggetto del medesimo: la persona, in altri termini, può sapere scientemente quali sono gli obblighi essenziali della vita coniugale e può anche volerli, tuttavia non ha la capacità di assumerli26. L’incapacità di assumere gli oneri matrimoniali deve essere provocata da una causa di natura psichica, che non è la causa della nullità del matrimonio, ma dell’incapacità di consentire, dell’impossibilità di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio. Questa incapacità deve essere assoluta ed esistente al momento della celebrazione del matrimonio, rimanendo irrilevante una sua eventuale successiva sanazione.
Incapaci di assumere gli obblighi essenziali di una normale vita matrimoniale nella sfera sessuale sono le persone affette da anomalie psicosessuali, quali l’omosessualità, la ninfomania, la satiriasi, il feticismo, il sadismo, il transessualismo ecc.
La ninfomane, per esempio, è incapace di assumere il dovere della fedeltà; l’omosessuale è incapace di accettare una comunione di vita eterosessuale; il sadico è incapace di un rapporto soddisfacente senza infliggere al proprio partner sofferenze fisiche o morali, e così via27.
L’incapacità deve essere originata da cause di natura psichica, perché induca l’effetto di inabilitare il soggetto: deve cioè trattarsi di una anomalia nello psichismo del soggetto, che pur usufruendo del suo uso di ragione e di una sufficiente maturità, è tuttavia reso incapace di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio in conseguenza del suo particolare modo di essere della propria personalità. Il caso di un tossicodipendente dimostra proprio tali caratteristiche nel suo modo di vivere e nella sua personalità.
È opportuno infine rilevare che questa impossibilità ad assumere gli obblighi matrimoniali deve esistere al momento in cui viene espresso il consenso e deve dipendere da una causa psichica, essendo irrilevanti quelle difficoltà circa i doveri matrimoniali essenziali non causati da anomalie psichiche o derivanti anche da anomalie che sono superabili mediante impegno e sforzo morale.
4. Alcuni esempi e sviluppo della giurisprudenza di Rota Romana in tema di tossicodipendenza
Un’analisi oggettiva delle sentenze in tema di tossicodipendenza, emesse dal Tribunale Apostolico della Rota Romana, può indicare alcuni elementi importanti che riguardano il merito e il metodo, usato nelle rispettive sentenze. Sarebbe utile, infatti, un tentativo di far conoscere: a) quali classi di sostanze psicoattive appaiono nella giurisprudenza rotale; b) sotto quale capo di nullità si tratta il problema della tossicodipendenza, c) quale il rapporto tra giudici e periti in queste cause; d) e con quali mezzi gli uni e gli altri si servono per arrivare alla rispettiva valutazione e decisione finale sulla capacità o incapacità del tossicodipendente al matrimonio. Essendo la questione dell’influsso delle sostanze psicoattive sul sistema nervoso centrale strettamente legata al meccanismo e alla dinamica della vita psichica dell’uomo, si dovrebbe stare attenti anche all’antropologia sottostante alle decisioni rotali, con scopo di scorgere se la visione antropologica, manifestatasi nel percorso delle sentenze, dimostri una certa continuità oppure ci sono divergenze e linee di sviluppo nel modo di trattare le cause in tema di tossicodipendenza.
A questo punto si apre necessariamente il compito di verificare il modo con cui questi disturbi, indotti da sostanze psicoattive, possono influire sulla capacità naturale al matrimonio, cioè essere tradotti in campo canonico. Essendo i contributi degli autori veramente scarsi in questo campo, la nostra ricerca è indirizzata ai casi concreti, trattati nella giurisprudenza del Tribunale Apostolico della Rota Romana28.
Seguendo la solita struttura delle sentenze (divisa in tre parti: Factispecies, In iure, In facto), nell’analisi si dovrebbe procedere alla luce di due criteri principali: il merito e il metodo. Il merito riguarda l’argomento di cui tratta la singola sentenza: il caput nullitatis formulato, il tipo e il percorso della tossicodipendenza, la classe della sostanza psicoattiva abusata, i disturbi indotti da quella sostanza. Il metodo, invece, concerne il modo in cui hanno proceduto i periti e i giudici nell’esame del caso, cioè di quali mezzi e argomenti si sono serviti per arrivare alla valutazione finale.
La prima osservazione riguarda le classi di sostanze, riportate nel giudizio per l’accusata validità del matrimonio. Nel maggior numero delle sentenze analizzate, si trattava di psicofarmaci (sedativi-ipnotici-tranquillanti), ma anche di altre classi di droghe: oppiacei (morfina ed eroina), cannabici (marijuana, hashish), allucinogeni (LSD), cocaina, inalanti (etere solforico, ossido di carbonio), senza escludere l’intossicazione da sostanze endogene (tossine, allergine).
Per quanto riguarda il dubbio formulato, dall’inizio degli anni trenta fino all’epoca del Concilio Vaticano II, nella giurisprudenza rotale figura quasi un unico capo di nullità rispetto alla tossicodipendenza: difetto dell’uso di ragione (ora sancito nel can. 1095, 1º), a causa dell’intossicazione acuta e transitoria, indotta dall’assunzione delle droghe. Per esempio, ciò è visibile già in una sentenza rotale coram Jullien del 23 febbraio 193529, che trattava il caso di intossicazione con morfina, L’intossicazione, se conferma, può gravemente compromettere il retto funzionamento della facoltà intellettiva. Secondo le prime sentenze, le sostanze psicoattive influiscono sulla ratio, che risulta così tanto perturbata da non poter svolgere regolarmente la funzione fondamentale, quella cioè di conoscere il significato delle proprie azioni. La condizione psichica del tossicodipendente viene equiparata alla malattia mentale, denominata amentia, e considerata la causa che rende il soggetto incapace di intendere e di volere, e quindi, incapace dell’atto veramente umano. In un grave stato psichico di obnubilamento (o di ottundimento) della mente, sotto l’influsso della sostanza psicoattiva, il soggetto intossicato risulta incapace di emettere un consenso matrimoniale valido, come l’atto soggettivo del contraente.
Nella giurisprudenza rotale, in tema di tossicodipendenza, per la prima volta viene richiamata la necessità della discrezione di giudizio proporzionata al matrimonio (can. 1095, 2º) in una sentenza coram Wynen del 25 febbraio 194130. Si afferma, cioè, che non basta soltanto una conoscenza astratta e speculativa, ma anzitutto occorre la conoscenza apprezzativa e ponderativa della natura e del valore del matrimonio canonico, conoscenza che può essere perturbata per l’influsso delle droghe. La causa trattava l’intossicazione da cocaina.
La sentenza rotale coram Fagiolo del 21 marzo 196931 ha segnalato l’inizio della prassi giurisprudenziale, in cui si considera prevalentemente la mancanza di discrezione di giudizio proporzionata al matrimonio, a causa della tossicodipendenza. Diciamo prevalentemente, perché insieme alla discrezione, rimane anche la mancanza dell’uso di ragione (per esempio in una sentenza coram Funghini, del 18 dicembre 1991)32. L’intossicazione da morfina, si ritiene in quella coram Fagiolo (21. 3. 1969), impedisce al contraente di prestare il consenso revera sciens, revera volens, perché l’azione della morfina priva il soggetto delle facoltà intellettivo-volitive e, di conseguenza, della sufficiente riflessione critica, necessaria per il valido consenso.
In una sentenza rotale coram Giannecchini, del 29 ottobre 198233, sono proposti i criteri per valutare l’influsso delle sostanze sulla discrezione di giudizio: occorre, infatti, esaminare la natura e la potenzialità tossica della sostanza, la relazione tra l’assunzione e i disturbi psichici indotti, la durata e la quantità dell’assunzione, la tolleranza e gli effetti della sostanza. Questa causa trattava il caso della dipendenza da psicofarmaci tranquillanti (ansiolitici) che non ha impedito al contraente il giudizio critico richiesto per esprimere un valido consenso matrimoniale.
Invece, in una sentenza rotale coram Colagiovanni, dell’8 maggio 198434, l’eroina (della classe di oppiacei) ha indotto la contraente in una condizione persistente di dipendenza fisica e psichica. Sotto gli effetti dell’eroina si è verificata la vera e propria rottura tra il »mondo interiore« fittizio e la realtà sociale circostante, per cui era inevitabile anche una grave alterazione del giudizio pratico, nel senso canonico. La discrezione di giudizio non è un termine astratto, ma coincide praticamente col processo decisionale psicologico, per cui è necessario, in queste cause, richiamare l’assistenza e il contributo delle scienze umane. Ciò si afferma palesemente in una sentenza rotale coram Stankiewicz, del 23 febbraio 199035, dove viene esaminato il caso della dipendenza da sostanze molteplici: da cannabici, allucinogeni e cocaina. La discrezione circa i diritti e i doveri matrimoniali essenziali può essere impedita per i disturbi indotti da queste sostanze, che incidono sulla sfera intellettivo-volitiva, ma intaccano anche il campo delle emozioni, cioè l’affettività.
L’incapacità di assumere gli obblighi essenziali di matrimonio per cause di natura psichica (can. 1095, 3º), come capo di nullità, e in connessione con la tossicodipendenza, è stata trattata per esempio nelle sentenze rotali coram Funghini, 23. 11. 198836 e poi in una sentenza coram Doran, 20. 1. 199437. Per entrare in questa fattispecie d’incapacità al matrimonio, l’influsso delle droghe deve interessare non soltanto le facoltà mentali del contraente, ma si richiede che i disturbi intacchino la sua stessa struttura psichica (come per esempio nel caso del disturbo psicotico indotto dagli oppiacei). La gravità della dipendenza e l’assunzione costante e prolungata della sostanza si mette in relazione all’incapacità radicale di instaurare la vita di relazione e, a maggior ragione, quella »intimissima vitae communio« qual è quella matrimoniale (cfr. coram Colagiovanni, 8. 5. 1984).
Inoltre, la giurisprudenza rotale avverte che il giudice sarà attento non soltanto al fatto della dipendenza da droghe, ma anche ad un eventuale preesistente disturbo o malattia mentale (per es. nel caso del tossicodipendente che già prima soffriva da un disturbo di natura psicotica, nevrotica o psicopatica). In questo caso, il giudice valuterà con prudenza l’intossicazione da sostanze psicoattive, anche se saltuaria o modica, almeno come concausa della presunta incapacità (cfr. coram Funghini, 23. 11. 1988).
Nelle cause in cui viene esaminata la tossicodipendenza, come possibile radice d’incapacità al matrimonio, i giudici sono chiamati a nominare almeno un perito, »a meno che dalle circostanze non appaia evidentemente inutile« (can. 1680). Questa norma è stata osservata nella maggioranza dei casi analizzati e sopra menzionati.
Nel periodo prima del Concilio Vaticano II, mentre era in vigore il Codice Pio-Benedettino (1917), nella giurisprudenza rotale si rifletteva una visione antropologica ridotta, sotto l’influsso della filosofia scolastica. Si prendeva, infatti, quasi esclusivamente in considerazione il difetto dell’uso di ragione, come capo di nullità dominante. La visione antropologica si è però allargata nel periodo post-conciliare e, anzitutto, dopo la promulgazione del nuovo Codice (1983), per cui le cause, in tema di tossicodipendenza, sono trattate anche sotto l’aspetto della mancata discrezione di giudizio e d’incapacità ad assumere gli obblighi essenziali del matrimonio (secondo normativa contenuta in can. 1095, 2º-3º). Tale cambiamento, presente nelle sentenze degli ultimi decenni, si deve alla dottrina conciliare sulla famiglia e sul matrimonio38, come anche all’insegnamento pontificio39, in cui si mette accento sia all’integra antropologia cristiana che alla necessaria collaborazione tra le scienze umane e il diritto canonico.
5. Incidenza della tossicodipendenza sulla capacita consensuale secondo il can. 1095
Alla luce del contributo delle scienze umane (psicologiche e psichiatriche), da una parte, e della prassi giurisprudenziale, dall’altra, è possibile evincere alcune importanti osservazioni conclusive sulla tossicodipendenza, come eventuale radice d’incapacità al matrimonio nel senso di cercare un’appropriata soluzione canonica del problema di tossicodipendenze.
È utile soffermarsi anzitutto al primo disturbo, indotto da sostanze, cioè l’intossicazione. Per un lungo periodo, nell’ambito giurisprudenziale, l’attenzione si prestava prevalentemente all’influsso di questo disturbo sulla validità del consenso, il quale si considerava unicamente come l’atto umano soggettivo. In tale contesto, si faceva la differenza tra l’intossicazione acuta e l’intossicazione cronica. L’intossicazione acuta riguarda alterazioni momentanee della mente, che, se si presenta in grado elevato (c. d. ebrietas perfecta), può impedire al soggetto intossicato di essere cosciente e di compiere i propri atti con sufficiente avvertenza.
Diversa è, invece, la rilevanza e la valutazione dell’intossicazione cronica, da sostanze psicoattive, perché si tratta di una condizione psicopatologica ormai persistente, esternamente segnata con uno stile di vita alterato. Il tossicodipendente, cronico e costante, viene dominato dall’ossessione della droga, e nello stesso tempo, diventa indifferente ad altre realtà e valori circostanti. Questo fatto, percepibile a livello di comportamento, si verifica a livello clinico come una progressiva trasformazione della personalità tossicomane. In questa fase della tossicodipendenza, a livello canonico-giurisprudenziale, sono di particolare interesse i disturbi mentali indotti, o »alterazioni psichiche stabili e permanenti con un decorso progressivo sempre più grave«40. Si deve stare attenti, soprattutto, all’insorgenza dei disturbi di natura psicotica41, come per es.: delirium e disturbo psicotico indotto da oppiacei, amfetamine, allucinogeni, cocaina; demenza e disturbo amnestico persistente, indotto da psicofarmaci e da inalanti; disturbo percettivo persistente da allucinogeni (c. d. »flashbacks«). La valutazione canonico-giurisprudenziale in questi casi può concernere sia l’eventuale difetto della discrezione di giudizio che l’incapacità di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio. In quest’ultima fattispecie, tuttavia, le alterazioni psichiche devono intaccare non solo le facoltà mentali superiori (cioè la valutazione critica circa diritti e doveri matrimoniali), ma la stessa struttura psichica del contraente (tossicodipendente cronico), che risulta così perturbata da non permettergli l’adempimento degli obblighi essenziali del matrimonio, cioè di non disporre dell’oggetto formale del consenso.
Le cause matrimoniali in tema di tossicodipendenza richiedono, per la loro stessa natura, una retta e costruttiva collaborazione tra le scienze umane e il diritto canonico42. Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II ha avvertito gli operatori nel campo canonico-giurisprudenziale che soltanto le più gravi forme della psicopatologia possono rendere nullo il matrimonio. Per poter convertire correttamente i termini psicologici in quelli giuridici, applicandoli cioè alla capacità consensuale, è necessario intendere prima la stessa nozione delle psicopatologie, e le relazioni con le rispettive strutture e processi psichici. È proprio in questo punto delicato che la moderna psicologia e la psichiatria possono dare un notevole contributo e offrire, secondo i propri mezzi e metodi d’indagine, le risposte al giudice ecclesiastico. Per quanto riguarda l’ambito delle tossicodipendenze, le scienze umane, qualora rispettino l’integra antropologia cristiana, sono competenti a spiegare la natura e il grado dell’intossicazione e di altri disturbi, indotti da sostanze psicoattive; e ci indicano anche quali strutture e processi psichici subiscono l’influsso di tali sostanze.
In questo contesto è rilevante il contributo dello psicologo L. M. Rulla43, secondo cui la vita psichica ordinaria dev’essere vista in tre fondamentali dimensioni. La prima si riferisce alla responsabilità morale (la motivazione conscia e la scelta libera); la seconda riguarda l’ambito dell’inconscio, ma è soltanto nella terza dimensione che si può considerare la vera e propria psicopatologia. Le condizioni psichiche, determinate per la tossicodipendenza, toccano tutte e tre dimensioni: all’inizio, la tossicodipendenza sporadica può lasciare le facoltà mentali ancora sufficientemente integre (la prima dimensione); le emozioni e le abitudini (appartenenti alla seconda dimensione) possono portare all’uso di sostanze psicoattive e alla dipendenza. Rispetto ai fini canonico-giurisprudenziali è, tuttavia, decisiva la terza dimensione, in cui l’assunzione di sostanze induce nuove emozioni e disturbi psichici (allora ci troviamo già nell’ambito di una forma di anomalia psichica vera e propria). Se questi disturbi sono lievi e moderati, non viziano la validità giuridica del consenso; se, invece, sono gravi, possono dare luogo all’invalidità del matrimonio. Dal momento che la dipendenza da droghe non tocca soltanto le facoltà intellettivo-volitive, ma influisce, anche, sul largo ambito delle emozioni e dell’affettività, è utile richiamarsi alla nozione della volontà, proposta dal filosofo B. Lonergan44. Lui ha, infatti, introdotto una distinzione tra: »will« (= mera capacità di volere), »willingness« (= stato di prontezza per una decisione) e »willing« (= atto della volontà). L’azione psicoattiva delle sostanze dipendogene può produrre nuove emozioni e, quindi, influire sullo stato di prontezza per fare la decisione (»willingness«), per cui il soggetto preferisce di decidere in un modo piuttosto che in un altro. Se l’influsso delle sostanze induce una psicopatologia in senso classico, questa può intaccare le potenze intellettivo-volitive, cioè la stessa capacità di volere (»will«); in questo caso, infatti, non è soltanto ridotta la libertà effettiva, ma viene impedita la stessa libertà essenziale, che significa essere incapace di porre in atto una decisione.
Gli elementi, finora esposti, corrispondono ai diversi momenti del processo psicologico della decisione umana, quale è appunto il consenso matrimoniale. Il tossicodipendente, sotto l’influsso della droga, risulta perturbato già nella prima fase della percezione, e poi nelle sue emozioni e valutazione intuitiva. Si tratta delle fasi che precedono le funzioni critiche, intellettivo-volitive, e che, come tali, non hanno la rilevanza giuridica. Questo, però, non significa che le fasi sono irrilevanti, perché proprio da queste attività dipende la qualità della riflessione critica. L’essere umano, infatti, non può essere meccanicisticamente diviso in diverse »parti«, senza nessuna connessione tra di loro; al contrario, tutti gli elementi della sua vita psichica conservano la necessaria unità, e devono essere considerati integralmente. Per questo, se si afferma, a livello clinico-nosografico, che l’influsso delle sostanze psicoattive hanno indebolito la sfera affettiva, ciò non può non avere una certa risonanza anche nella sfera intellettivo-volitiva. Nel campo canonico-giurisprudenziale è doveroso, allora, esaminare e valutare la gravità delle alterazioni intellettivo-volitive, perché soltanto le più gravi patologie possono non solo ridurre, ma anche togliere una minima e sufficiente riflessione critica (secondo sopra menzionato B. Lonergan, sono i casi più gravi in cui viene impedita la libertà essenziale dell’uomo).
Data la complessità del fenomeno della tossicodipendenza, e il coinvolgimento di varie strutture e processi psichici che possono subire danni sotto l’influsso delle droghe, appare necessaria l’assistenza dei periti in queste cause nel senso dei cann. 1574-158145. Il loro compito è di offrire al giudice gli elementi sufficienti e necessari, in ordine alla valutazione giuridica della capacità del tossicodipendente al matrimonio, che non si limita soltanto al sufficiente uso di ragione, ma comprende anche l’influsso delle sostanze psicoattive sul grave difetto della discrezione di giudizio e sulla incapacità di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio (can. 1095). Le relazioni peritali, per essere veramente utili al giudice, devono comprendere: il percorso della concreta tossicodipendenza (inizio, frequenza, durata e quantità della dose assunta), la classe e le caratteristiche psico-farmacologiche della sostanza abusata (la gravità dell’azione della sostanza), gli effetti e i disturbi psichici indotti da sostanze (anzitutto, l’insorgenza di eventuali psicopatologie). A questo punto non basta soltanto precisare una diagnosi descrittiva, ma il perito è chiamato a fare un ulteriore sforzo, per indicare al giudice quali strutture e processi psichici siano intaccati dall’azione psicoattiva della sostanza dipendogena. Il compito del giudice è di valutare queste perizie, cercando di tradurre termini psicologici proposti nelle categorie canoniche. Secondo il capo di nullità addotto nel giudizio, e in base alla valutazione periziale (insieme ad altre circostanze della causa), il giudice procede con la valutazione giuridica. Questa valutazione sarà compiuta in relazione alle facoltà mentali di intendere e di volere, alla capacità del tossicodipendente di arrivare ad un sufficiente giudizio critico circa i diritti e i doveri essenziali del matrimonio (can. 1095, 2º); in presenza di una grave e comprovata patologia psichica (indotta dall’assunzione di sostanze psicoattive), che ha intaccato e gravemente alterato la stessa personalità del tossicodipendente46, il giudice è chiamato a valutare, in tale condizione, anche la capacità di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio (can. 1095, 3º).
Il perito e il giudice, ognuno nel proprio campo di competenza, contribuiscono così a trovare la verità oggettiva circa la capacità consensuale di un tossicodipendente, della quale non può esserci una risposta, antecedente e comune, ma occorre valutare attentamente uno per uno, ogni caso di tossicodipendenza.
Considerazioni conclusive
Sembra opportuno osservare dapprima che la volontà del nubente, per essere proporzionata al matrimonio, deve avere come termine di riferimento »i diritti e i doveri matrimoniali essenziali da dare e accettare reciprocamente« (can. 1095, 2º) e tra questi vanno compresi i beni di matrimonio, e cioè l’unità, l’indissolubilità e la prole.
La Chiesa ha sempre insegnato e codificato che l’uomo e la donna, col consenso libero e responsabile costituiscono quella »intima comunità di vita e di amore coniugale«47, un rapporto cioè, in cui i soggetti si uniscono non solo per tutta la vita, ma anche per tutti gli aspetti della vita, per tendere al bene dei coniugi stessi, strettamente connesso con un altro termine di aiuto reciproco dei coniugi48.
Tenendo presente tali presupposti si deve stare attenti perché i soggetti dotati di insufficiente uso di ragione (tossicomani, alcolisti cronici o acuti, frenastenici, oligofrenici ecc.) potrebbero spesso essere incapaci, altresì, ad assumere gli obblighi essenziali del matrimonio.
È ormai incontestabile che l’uso abituale di sostanze psicoattive determina un cambiamento comportamentale nell’individuo che si manifesta in regressione istintivo-affettiva, squilibrio psicopatico, aggressività, profondo malessere che sfocia a volte in istinti suicidi od omicidi; sostanzialmente ciò determina che il soggetto non solo non è in grado di conoscere, valutare e liberamente volere quanto è richiesto dal matrimonio ma è incapace di realizzare tutto ciò che il matrimonio comporta nel senso del can. 1095, 1º-3º.
Riteniamo, tuttavia, che non potendo assolutamente fare di un caso una regola generale, diventa necessario procedere, caso per caso, a un accertamento giudiziale con l’aiuto dei periti psichiatri o psicologi, i quali presenteranno degli elaborati peritali (perizie) che saranno valutati dai giudici chiamati a emettere la conseguente statuizione, cioè la sentenza giudiziale sulla validità o invalidità di un matrimonio canonico, contratto dalle persone dipendenti da sostanze psicoattive49.
Alla fine si deve aggiungere cha la riforma sui processi per la dichiarazione della nullità di matrimonio, voluta e operata nell’anno 2015 dall’attuale Sommo Pontefice Francesco con i due motupropri: Mitis Iudex Dominus Deus (MIDI) per la Chiesa Latina e Mitis et misericors Iesus (MMI) per le Chiese Cattoliche Orientali50, tocca, anche se indirettamente, cause matrimoniali in tema di tossicodipendenza. Mentre d’una parte richiama i principi già riconosciuti e praticati nella giurisprudenza nei processi ordinari, riguardo alle investigazioni previe, alle prove e alle perizie, d’altra parte papa Francesco con la riforma introduce anche una nova possibilità del processo matrimoniale più breve davanti al Vescovo, quando la nullità matrimoniale è manifesta. Infatti, secondo il nuovo, riformato can. 1683 »allo stesso Vescovo diocesano compete giudicare la cause di nullità del matrimonio con il processo più breve ogniqualvolta: 1º la domanda sia proposta da entrambi i coniugi o da uno di essi, col consenso dell’altro; 2º ricorrano circostanze di fatti e di persone, sostenute da testimonianze o documenti, che non richiedano una inchiesta o una istruzione più accurata, e rendano manifesta la nullità.« Poi alla fine del motuproprio MIDI papa Francesco aggiunge anche »Regole procedurali per la trattazione delle cause di nullità matrimoniale«. Nell’art 14 § 1 delle »Regole procedurali«, papa Francesco riporta alcune »circostanze che possono consentire la trattazione della causa di nullità del matrimonio per mezzo del processo più breve secondo i cann. 1683-1687«. Tra queste circostanze si annovera anche »la mancanza di uso di ragione comprovata da documenti medici«. Nell’art 14 § 2 spiega ulteriormente che »tra i documenti che sostengono la domanda vi sono tutti i documenti medici che possono rendere inutile acquisire una perizia d’ufficio.« Riteniamo che queste disposizioni e possibilità offerte dal Romano Pontefice potrebbero essere applicate proprio quando si tratta delle cause di nullità matrimoniale in tema di tossicodipendenza, dove potrebbero succedere i casi di tossicodipendenza così evidenti e comprovati con l’appropriata documentazione medica che veramente risulta inutile acquisire ancora una perizia. Potrebbero esserci casi nei quali anche la nullità del matrimonio potrebbe risultare manifesta a causa non solo del mancato uso di ragione (can. 1095, 1º), ma anche del grave difetto di discrezione di giudizio e della gravemente compromessa valutazione critica (can. 1095, 2º) e, infine, dell’alterata personalità e struttura psichica dovuta alla gravissima e prolungata dipendenza da sostanze psicoattive, che alla fine rende incapace contraente ad assumere gli obblighi essenziali del matrimonio (can. 1095, 3º). In questi casi sono allora soddisfatte le condizioni sopra menzionate nel riformato can. 1683 per procedere con il processo più breve davanti al Vescovo.
Sia che la causa matrimoniale per tossicodipendenza si tratti nel processo ordinario sia nel processo più breve davanti al Vescovo, si deve sempre stare attenti ad arrivare all’oggettiva verità e giudizio affondato su solidi argomenti e su prove sorte dalle investigazioni e dagli atti della causa per arrivare alla sentenza finale sul matrimonio.
OVISNOST O DROGAMA I SPOSOBNOST ZA KANONSKU ŽENIDBU
51Slavko ZEC*
Sažetak: Ovisnost o drogama zasigurno pripada najraširenijim pojavama među ljudima i različitim kulturama suvremenoga doba. Nažalost, često su mladi oni koji zbog različitih motiva upadaju u ovisnost o psihoaktivnim tvarima, koja se može razvijati od početne znatiželje do najtežih oblika navezanosti na drogu. Posljedice mogu biti kobne za mladu osobu na pragu života. U ovom se radu bavimo tim problemom, ali pod sasvim specifičnim gledištem: Kako ovisnost o drogama može utjecati na sposobnost sklapanja valjane kanonske ženidbe?
Metoda pristupa uključivat će i konzultaciju znanosti koje se bave čovjekom i njegovom psihom, kao što su psihologija i psihijatrija, nakon čega ćemo nastaviti s primjenom tih saznanja na području kanonskoga prava i crkvenoga pravosuđa. Nastojat će se najprije protumačiti osnovni pojmovi kao što su ovisnost o drogama, fizička i psihička ovisnost, uzdržljivost, psihoaktivna tvar. Ponudit ćemo i jednu od više mogućih klasifikacija droga u različite skupine prema posljedicama koje izazivaju i prema njihovu utjecaju na središnji živčani sustav.
Rad će se u nastavku baviti pitanjem prirodne sposobnosti ili nesposobnosti ovisnika o drogama za izricanje valjane kanonske ženidbene privole prema kan. 1095 Zakonika kanonskog prava iz 1983. godine. Tu se donose odredbe o nesposobnosti za sklapanje ženidbe onih koji nisu dovoljno sposobni služiti se razumom (br. 1), onih koji boluju od teškoga manjka prosuđivanja o bitnim ženidbenim pravima i dužnostima koje se trebaju uzajamno predati i primati (br. 2) te onih koji zbog razloga psihičke naravi ne mogu preuzeti bitne ženidbene obveze (br. 3).
Poslužili smo se i nekim primjerima iz sudske prakse Rimske rote te prenijeli neke presude koje su ispitivale ženidbu zbog ovisnosti o drogama, što nam je omogućilo da u glavnim crtama vidimo razvoj pravosuđa Rimske rote u toj temi. Na temelju takve studije na kraju predlažemo neke zaključke te upozoravamo na potrebu da se i u parnicama zbog ovisnosti o drogama treba voditi obnovljenim normativom, odnosno reformom postupaka za proglašenje ženidbe ništavom koju je poduzeo papa Franjo 2015. godine.
Ključne riječi: ovisnost o drogama; opijenost; psihoaktivna tvar; psihička struktura osobe; esencijalna sloboda; ženidbena (ne)sposobnost; pravosuđe Rimske rote.