Original scientific paper
TRE DIPINTI DEL SETTECENTO A KOTOR
Grgo Gamulin
; Split
Abstract
Fù proprio per questo quadro con la »Caduta di S. Paolo« che nell’ estate del 1959 ritornai a Kotor (Cattaro). Un anno prima durante un mio periplo nella Boka Kotorska (Bocche di Cattaro) l’ intravidi sull’ altare della B. Osanna con quella penombra che regna perpetuamente nella Colleggiata di Kotor. Davvero non si poteva distinguere sula pala oscurata dal tempo che il collo bianco del cavallo sdrucciolato e la sua testa così arditamente esposta sopra l’ altare stesso; ma anchè ciò bastò a giustificare il mio interesse per quest’ opera dell’ audace pittore settecentesco.
Quando finalmente riuscii a vedere la pala d’ altare alla luce del giorno nella piccola piazza davanti all’ antichissima chiesa, brillarono meravigliosamente i colori dall’impasto vigoroso. Era evidente subito che il dipinto non aparteneva all’ ambito artistico del Piazzetta e, altrassi, che non si trattava della stilistica preziosa del Ricci, benchè il tumulto dei cavalli spaventati ricordasse, anche senza volerlo la »Caduta di Fetonte« nel palazzo Bertoldi e Belluno. Quantunque caratteristica vi è quella varietà di colori, ove dominano il rosso, l’ azzurro e il verde – mentre i bianchi cavalli ingialliti dal tempo, animano la strana composizione con i loro chiari accenti. Soto il Paolo, in posizione insolita coi piedi in su, è steso il drappeggio del manto rosso, lui stesso è vestito d’ azzurro, la manica è di color violetto, i calzoni e gli stivali sono bruni; la sella sopra un drappo verde è d’ un colore giallo-oro. Il cavaliere sopra a destra, sul cavallo che fugge, è in verde col manto rosso, mente la bendiera è verde pur essa. La testa dell’ uomo coperta d’ un elmo è molto danneggiata, sicchè si distingue bene solo il pennacchio d’ un bianco giallastro. Ma è proprio questa parte superiore del quadro che ci sorprende con i suoi caldi toni gialli e bruni i quali costruiscono il profondo spazio dal cielo nuvoloso.
Questa è, a mio parere, l’ arte di Gaspare Diziani nella sua migliore edizione, del periodo maturo, ricciano, verso il 1740. Quella »grafia tempestosa del penello«, con la quela sono agitati drapeggi spennacchi, code e crimare di cavalli, parla pure in favore di questo periodo: dopo i dipinti a S. Stefano e nella chiesa dell’ Immacolata a Padova e, forse, proprio nel tempo quando furono eseguiti quelli sulla chiesa del Carmine a Venezia. Molte affinità iconografiche si trovano, naturalmente, già sui dipinti di S. Stefano: visi, corazze, bandiere portate dai cavalieri, identiche code di cavalli. Tuttavia sull’ »Apparizione della vergine nella guerra coi Turchi« ve ne sono di più evidenti: spade, bandiere, stivali, mani puntate sulla terra e, inoltre, quella intensità luministica riccina che il Pullucchini considera caratteristica per questo periodo. Anche qui Diziani pose la sua composizione »su di una gradinata« come lo fece di frequente. Tutto è in diagonali che s’ incrociano o si contrappongono, la dinamica assordante tuttavia vi è attenuata dall’ irruzione in profondità dell’ alta pala. Eppure in questo luminismo, costruito da un violento getto di luce che viene da sopra, c’ è un certo che di diverso e, forse di più forte che in quello ricciano; si direbbe che Gaspare, creando questa scena, abbia avuto qualche reminiscenza tintorettesca.
Presumibilmente siamo nel periodo del 1734 – 45, certo prima degli affreschi nel palazzo Spineda a Treviso, quindi all’ apice artistico nel nostro pittore. Dopo ili restauro, l’ iscrizione sul sasso nell’ angolo inferiore a destra ci darà, forse, indicazioni sicure sul tempo dell’ eseguimento, probabilmente anche altri dati importanti e forse la firma; ma lo spendore che il pulire senza dubbio restituirà a questa bella opera di Gaspare Diziani mi sembra d’un’ importanza ancora più grande.
Gian Battino Cignaroli ridusse davvvero l’ insegnamento del Balestra a un registro di forme e di colori convenzionale e sdolcinato – di cui già Lanzi diceva che »contentavano piuttosto l’ occhio che lo spirito« – e se ne servi per dipingere una quantità di Madonna con Santi ed altre pale d’ altare le quali mostrano tutte una composizione abile e la nota rettorica abituale del minore Settecento.
Tale proprio ci appare anche questa »S. Trinità con i Santi« nel convento dei francescani a Kotor, dove vediamo S. Ignazio e S. Francesco Saverio gesticolare davanti alla visione celeste in un modo veramente convenzionale. Morfologicamente, e per certi altri momenti, siamo nell’ ambito dei dipinti del Cignaroli, come la »Madonna con Santi« nel Museo di Vicenza ed altre simili pale d’ altare a S. Libera, a S. Eufemia, nella Pinacoteca di Verona ecc. La Madonna ha la forma ovale del viso e l’ atteggiamento amabile, tipici per questo pittore, mentre le altre figure nel fondo sono eseguite nella ben nota maniera superficiale. Debole è specialmente la figura del Cristo. In tutta la composizione le migliori sono le tre figure in primo piano con le loro fisionomie realistiche dei santi; se consideriamo però il quandro nel suo aspetto pittorico forse la nostra attenzione sarà attratta ancor più dal capriecio di luce sulla bianca cotta di S. Francesco Saverio che construisce un’ architettura di pieghe particolarmente ricca e fina. Qui l’ artista ha realizzato un effetto pittorico che accresce la pualità del dipinto e, in un certo modo ne compensa le debolezze.
Sembra devvero che la Boka Kotorska sia stata una regione favorevole all’ esporto veneziano in questo tardo secolo, anzi nella sua seconda metà. È naturale quandi che vi si trova anche qualche opera di Giuseppe Angeli, seguace e volgarizzatore del Piazzetta nella sua ultima fase.
Credo che si possa riconoscera la su maniera sulla pala d’ altare con S. Francesco di Paola nella chiesa francescana di S. Chiara a Kotor. È appunto quella palida cromatica e quella superficiale e sentimentale narrazione che qusto pittore protrasse fino al fine del secolo. Tali cherubini e grandi angeli egli li dipinse invero molto presto, riprendendoli dall’ inventario del Piazzetta, p.es. nel »Suplizio di S. Christoforo« ad Alzano Maggiore. Su diversi quadri rappresentanti le estasi dei santi troviamo sempre uno di questi angeli come troviamo anche questa tipologia a cominciare dalla Crocefissione all’ Ospedaletto fino all’ Immacolata a S. Maria dei Frari dove anche lo schema della composizione è molto simile. Siamo nel periodo relativamente tardo del settimo decennio quando già diminuisce quell’ equilibrio della composizione che il pittore poteva ereditare del suo maestro, e la freschezza inventiva sparisce sempre più. Eppure il dipinto di Kotor ha un certo schema con due diagonali parallele, ed è costruito dal contrasto luminoso di due piani diagonalmente divisi. Il registro dei colori è composto dal bruno, dall’ azzuro e dall’ gialognolo. Naturalmente, tutto si svolge nei limiti di quella sdolcinatezza superficiale che è caratteristica nell’opera di Giuseppe Angeli in generale.
Keywords
Hrčak ID:
148353
URI
Publication date:
1.2.1963.
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