Ambigue descrizioni: feste devozionali e feste di precetto nell’inchiesta veneziana di fine Settecento
Parole chiave:
Culto dei santi, festività religiose, consuetudini, religiosità popolare, antropologia giuridica, devozione religiosa, Venezia, Terraferma, IstriaAbstract
Nel 1772 il Senato veneziano intervenne con una legge per limitare il numero esorbitante delle festività religiose diffuse in ogni parte del dominio da terra e dell’Istria. Il provvedimento era principalmente volto ad agevolare lo sviluppo delle attività economica ed in particolare dell’agricoltura in tutto lo stato. A tal fine il supremo organo veneziano incaricò i propri rappresentanti di raccogliere i dati inerenti ciascuna delle loro giurisdizioni. L’inchiesta, di lì a qualche anni, condusse ad una raccolta di dati che vennero sottoposti all’attenzione dei consultori in iure, che con i loro pareri avrebbero dovuto segnalare sia la vastità e le caratteristiche del fenomeno, che i possibili provvedimenti che avrebbero dovuto essere assunti per deliberare in merito ad una vera riforma delle festività religiose. Nel 1775 il Senato decise di vietare tutte le feste infrasettimanali che non fossero state decretate festive per ecclesiastico precetto. Un provvedimento prudente, che volutamente non affrontava la materia delicata delle feste di precetto, di diretta competenza ecclesiastica. Solamente nel 1787, infine, un successivo intervento del Senato, decretò che anche quest’ultime fossero drasticamente ridotte. La grande inchiesta veneziana degli anni ’70 e ’80 del Settecento, analogamente a quanto avvenne in altri paesi europei, è rivelatrice della percezione diversa rivolta dai ceti dominanti nei confronti di una cultura e di una religiosità popolare ampiamente condivise da tutti i ceti sociali nei secoli precedenti. I dati raccolti negli anni ’70 del Settecento sono soprattutto interessanti in quanto si costituiscono come una vera e propria ricerca etnografica ricca di descrizioni inerenti il culto dei santi e la diffusione delle festività religiose in Terraferma e in Istria. Affidate ad una preliminare indagine dei parroci, queste descrizioni, lungi dall’essere uniformi e provviste della precisione richiesta dal Senato veneziano, offrono un quadro variopinto della religiosità popolare e della difficoltà, se non dell’impossibilità, di tracciare un quadro omogeneo del mondo consuetudinario che ancora pervadeva intensamente, con i suoi tratti culturali, la vita religiosa delle popolazioni suddite. Descrizioni ambigue, dunque, in quanto i dati raccolti dai parroci difficilmente potevano prestarsi a fornire una risposta adeguata ai quesiti formulati da una legge che muoveva da una prospettiva decisamente estranea al mondo consuetudinario e alle sue numerose sfaccettature.
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